Che cosa ci insegna l’operazione 1992
La fiction fa riflettere sugli esiti della nostra povera patria tv, anche dal punto di vista della narrazione seriale
Ormai quasi un decennio dopo Boris, l’operazione 1992, ovvero il varo in grande stile di una serie su Tangentopoli ( dal 23 marzo su Sky Atlantic), appare ed è anche un tassello fondamentale della strategia editoriale del gruppo di Murdoch in Italia. Per una coincidenza storica davvero singolare, le dieci puntate con Stefano Accorsi ( foto) entrano nel vivo del presente italiano dopo l’avvento dell’epoca Renzi e l’appannamento delle vecchie leadership post- Mani Pulite, a destra come a sinistra, e anche nel polo della protesta ( Italia dei Valori); nel momento in cui quel periodo, dunque, sembra finalmente davvero poter diventare ‘ passato’, seppur prossimo e con strascichi ancora aperti ( vedi l’ultima indagine sugli appalti, costata le dimissioni al ministro dei Trasporti). A dire il vero, i tre minuti di applausi al festival di Berlino e l’ottima accoglienza della stampa internazionale, suggeriscono quanto questo iato temporale non venga colto così pienamente, soprattutto all’estero: un esempio per tutti, la Frankfurter Allgemeine Zeitung ha scritto: « Raramente un Paese ha il coraggio di guardarsi allo specchio come in questo caso » . Ma era abbastanza prevedibile, se si pensa che gli stereotipi negativi sull’Italia sono la leva più facile per il successo anche della fiction, da La Piovra all’ultima serie che si è guadagnata la ribalta dell’esportazione record in trenta Paesi, che è Gomorra. E mentre Gomorra parla di un mondo lontano rispetto alla realtà quotidiana dei telespettatori, questo 1992 entra addirittura, come accadeva in chiave satirica per Boris, nel cuore del rapporto tra il nostro Paese e la televisione. Perciò verrebbe da dire che Sky persegua, in termini di politica editoriale, una linea “anti- italiana”, cioè radicalmente critica e “altra” rispetto a quella certa italianità corrente nella tv generalista: la library parla da sola, anche per il filo, più nero che rosso, dei titoli riproposti, dalRomanzo Criminale sulla banda della Magliana al romanzo sulla camorra di Roberto Saviano. In termini propriamente d’estetica seriale, le intenzioni del giovane regista di 1992 Giuseppe Gagliardi, calabrese classe ’ 77, sono state consonanti a questa linea editoriale: ha dichiarato di aver guardato, da una parte, aMad Men, soprattutto per il personaggio di Leonardo Notte, interpretato da Stefano Accorsi, e dall’altra parte, per lo stile di ripresa quasi ossessiva sui personaggi, aBoss, la serie political- drama sul sindaco di Chicago firmata da Gus Van Sant. Due riferimenti notevoli e decisamente lodevoli. Diciamo pure che si vede tanto anche l’ispirazione al nostro miglior cinema recente, da Garrone a Sorrentino. E qui si potrebbe aprire un discorso a parte sul fallimento culturale del Nord e delle sue leadership post- Mani Pulite, se anche per raccontare serialmente la Capitale Im- Morale che fu Milano, ci sono voluti un gruppo editoriale anglo- australiano, una factory televisiva romana di ‘ seconda generazione’ come Wildside, e persino un giovane regista di Saracena, orgogliosamente figlio del Grande Sud…