Niki che amava sparare, per liberare i colori
Al Guggenheim di Bilbao è approdata una retrospettiva dell’artista, con un passato molto concettuale
( Cartier la volle come modella per indossare una parure principesca in una pubblicità), perché lei, come artista e come donna, ebbe fin dall’inizio una precisa idea in testa: svincolarsi dal ruolo femminile al quale la madre avrebbe voluto confinarla, e inoltrarsi ( farsi accettare) nel mondo maschile, che le appariva « avventuroso, misterioso ed eccitante » , decidendo di diventare un’eroina, come lei stessa dichiarò. Sono ancora i filmati d’archivio a raccontarci il complesso mondo interiore di quest’artista dal sangue blu ( contessa, nata in una famiglia aristocratica tra le più antiche di Francia), che si ritrova poi anche a realizzare un’opera a immagine del proprio padre per potergli così sparare, uccidendo simbolicamente colui che da ragazza l’ha violentata. La fase sperimentale della sua arte ( siamo negli anni Sessanta, e Niki si è legata allo scultore Tinguely) coincide appunto con questa esercitazione nei tiri che sfociavano poi nelle performance all’aperto. Sotto al fuoco cadevano le opere che lei stessa approntava, alcune viravano in esplosioni di colore, con le pallottole che colpivano i barattoli di vernice da lei incollati col gesso sulle tele. Poi ci sono opere più politiche, come quella in cui vengono messe in fila una decina di teste, ritratti di statisti ( quasi fossero trofei di caccia) che lei prende Campo San Samuele, 3231 Dal 12/04 al 30/11
C’è chi lo ricorda solo per i suoi dipinti pop, ma l’artista francese (alla sua prima retrospettiva fuori dal suo Paese) non va ristretto a quel periodo. E le 350 opere qui esposte dimostrano la ricchezza di tematiche, e il costante suo rinnovamento.