Antropologia della Resistenza secondo Pavese
Il romanzo dello scrittore che non imbracciò mai il fucile
La fine è l’inizio di un nuovo sguardo nei confronti della Resistenza e di tutte le guerre in generale. L’inizio è in quelle righe, scarne, quasi un testamento di riflessione, sotto forma di domanda per chi verrà dopo. « E dei caduti che facciamo? Perché sono morti? Io non saprei cosa rispondere. Non adesso, almeno. Né mi pare che gli altri lo sappiano. Forse lo sanno unicamente i morti, e soltanto per loro la guerra è finita » , scrive Cesare Pavese, nel 23esimo capitolo, al termine del suo La casa in collina, il romanzo sulla Resistenza. « Pavese è lo scrittore che non ha mai imbracciato un fucile, rispetto a molti suoi colleghi, ma la cui forza è proprio in questo suo essere osservatore, libero da ideologie e da facili moralismi, oltre che precursore di una visione antropologica, tra la vita e la morte, della Resistenza » , spiega Alberto Casadei, docente di Letteratura italiana all’università di Pisa. Il libro di Pavese è la seconda uscita della nuova collana del Corriere della Sera, “Biblioteca della Resistenza”, a cura di Aldo Cazzullo. Venticinque libri dedicati ad un tema vasto quanto variegato. Domani si comincia con Una questione privata di Beppe Fenoglio — a 1,90 euro, escluso il costo del quotidiano e di Io Donna — il sabato successivo, il 18 aprile, toccherà appunto a La casa in collina di Pavese, al prezzo di 5,90 euro.
La volontà di narrare. « La categoria letteratura della Resistenza ha assorbito al suo interno varie anime: da quella intellettualistica alla Pietro Chiodi, il maestro di Fenoglio, autore del libro Banditi, in forma diaristica, a Bandiera bianca a Cefalonia di Marcello Venturi, tra i primi a raccontare i fatti dell’eccidio di Cefalonia » , ricorda Casadei, secondo il quale non si può non soffermarsi, parlando di libri e Resistenza, sulla triade tutta piemontese dei Fenoglio, Pavese e Calvino. Quest’ultimo, naturalmente presente nella collana del Corriere con Il sentiero dei nidi di ragno, il libro della Resistenza « esorcizzata e portata su un piano favolistico alla luce di quella che lo stesso Calvino definirà: semplice volontà di narrare » . Del primo dei tre autori, Casadei, che sta per pubblicare Ritratto di Fenoglio da scrittore per la casa editrice Eps di Pisa, sottolinea soprattutto la componente epica del suo modo di fare letteratura della Resistenza. « Si tratta di una caratteristica che ritroviamo in altri autori europei dello stesso periodo, cantori di una guerra di liberazione che non fu certo uguale ovunque, ma che a volte sembra incontrare dei punti di contatto: basti pensare al Vita e destino dello scrittore sovietico Vasiliij Grossman sulla storica battaglia di Stalingrado, per intensità partecipativa molto simile al pathos del primo Fenoglio » , spiega lo storico della letteratura. È chiaro poi, parlando di opere letterarie, che è lo stile, anche in questo caso, a fare la differenza. « Nella Casa in collina siamo forse in presenza del miglior Pavese, equilibrato, certo, ma meno freddo e concentrato del solito: quando scrive sono trascorsi poco più due anni dalla fine dei combattimenti, ma una visione mitica dell’esistenza lo porta a interpretare i fatti secondo un sacrifico necessario per la pacificazione » . Nel racconto di Corrado, il protagonista del romanzo, praticamente lo stesso Pavese, non mancano le tinte fosche, le descrizioni sulla distruzione e sul sangue. « Pavese a volte appare preciso e puntuale nella descrizione quasi quanto il suo amato Dante: attenzione però a non confondere l’ideologia del poeta dell’Inferno con il dubbio sistematico e moderno dello scrittore piemontese » , conclude Casadei.