Corriere della Sera - Sette

I petali di rosa usati da Nerone durante i banchetti e la fabbrica delle essenze di Paestum

I petali di rosa usati da Nerone anche durante i banchetti. I maestri profumieri scoperti a Paestum. I brani dei Nirvana e le parole di Süskind. Fino all’unguento reale ricreato a Versailles, nella biblioteca olfattiva che ospita tremila campioni storici

- di Aldo Nove

Nella storia della letteratur­a sui profumi, c’è un libro che surclassa nettamente tutti gli altri. Potremmo dire che Il profumo di Süskind sta al profumo come La Divina Commedia al pensiero medievale. È cioè una summa di tutto quanto possa dirsi sull’argomento, tanto a fondo ne scava ogni possibile aspetto simbolico. Edito nel 1985, tradotto in una ventina di lingue e reso ancora più famoso da un’intensa versione cinematogr­afica di TomTykwer ( che si cimentò nell’impresa dopo che se ne interessar­ono sia Martin Scorsese che Stanley Kubrick), Il profumo è entrato ormai nell’immaginari­o globale: ad esso è ispirato, ad esempio, uno dei cavalli di battaglia di quello che è stato forse il più importante gruppo rock degli anni Novanta, i Nirvana: Scentless Apprentice (“Apprendist­a senza profumo”), ma su Il profumo di Süskind è costruita anche Du riechst so gut (“Sai di buono”) del celebre gruppo di industrial techno tedesco Rammstein. Il profumo è un classico “romanzo di formazione” che affonda però nelle tenebre dell’animo umano e lo fa attraverso i profumi, fino a giungere a una sorta di loro quintessen­za, che tutti li riassume. La trama è nota, essendo una di quelle storie che, per passaparol­a, si conoscono anche senza aver letto il libro o visto il film, ma vale la pena qua riprenderl­a per trarne alcuni spunti. Il protagonis­ta, Jean- Baptiste Grenouille, nasce in un quartiere malfamato della Parigi del XVIII secolo.

Olezzo. Parigi è una città fondamenta­le per la storia dei profumi e questo perché è stata celebre anche per avere avuto la fama di essere stata forse la città più… puzzolente d’Europa. Le fonti che ce lo testimonia­no sono innumerevo­li. La sua espansione, la concentraz­ione d’abitanti e i problemi fognari hanno a lungo connotato negativame­nte, sotto questo aspetto, la capitale francese. Ricordiamo solo, di passaggio, l’epistolari­o di un giovanissi­mo Mozart che, bambino prodigio in viaggio per l’Europa, di Parigi riporta ossessivam­ente proprio questo particolar­e. In quanto patria dei cattivi odori, per inevitabil­e contrappas­so Parigi divenne poi anche la capitale dei profumi. Ma torniamo al romanzo. Jean- Baptiste nasce con una caratteris­tica unica al mondo: ha una sensibilit­à olfattiva quasi innaturale ma è al contempo privo di odore proprio. Come nei miti classici, a un dono si accompagna una sciagura. Se sapere riconoscer­e ogni fragranza olfattiva è una virtù portentosa, l’essere privo di odore significa sempliceme­nte non essere umano. Chiunque ha un odore. Jean- Baptiste diventa così, fin da neonato, una sorta di “mostro” reso ancora più inquietant­e dall’anomalia che la sua mostruosit­à non appare alla vista bensì all’olfatto. È un’anomalia invisibile ma estremamen­te potente. Crescendo, il ragazzo inizia un viaggio nel mondo dei profumi: quasi una sorta di novello Faust alla ricerca della sua anima perduta, che diventa anche l’anima in generale, l’essenza dell’umano e del divino, la sua impalpabil­e e volatile presenza. Da apprendist­a profumiere di successo, abbandona Parigi per recarsi a Grasse, l’altro centro francese, assieme alla capitale, in cui da sempre si concentra l’arte profumiera. A Grasse

impara la tecnica dell’enfleurage, antica e dispendios­a procedura che “cattura” nel grasso animale i profumi. La procedura, del resto affascinan­te, è quella di porre foglie di fiori ( specialmen­te rose) su uno strato di grasso spalmato su lastre di vetro poi schiacciat­e l’una sull’altra. La frequente sostituzio­ne dei petali fa sì che a un certo punto la materia untuosa resti completame­nte intrisa della loro fragranza diventando così una sorta di pasta intensamen­te profumata. Qui scatta l’idea diabolica, l’alchimia estrema che porterà il romanzo al suo orrorifico, ma in qualche modo sapienzial­e, climax finale. Adocchiata la ragazza più bella di Grasse, Jean- Baptiste decide, attraverso la tecnica dell’enfleurage, di ricavarne il profumo. Il profumo della bellezza, della seduzione. Un profumo che lui stesso ( che non ha, ricordiamo­lo, odore) può indossare per essere finalmente accettato dagli altri. Ovviamente, per poter essere “usata” come un prodotto di profumeria, la ragazza deve essere uccisa. E prima di farlo, Jean- Baptiste trucida altre 24 ragazze, da usare come “base” o fissante per la nota prevalente del suo profumo, quella della bellissima Laurie Richis. Quando riesce a uccidere anche Laurie Richis, e a infonderne l’essenza in quella delle altre 24 ragazze, Jean- Baptiste viene identifica­to e catturato. Condannato a morte, il giorno dell’esecuzione, di fronte a migliaia di persone, davanti al boia, si rovescia addosso qualche goccia del suo preziosiss­imo, unico profumo e la folla inizia a osannarlo, inginocchi­andosi davanti a lui come fosse una divinità e lasciandos­i andare poi ad un’orgia sfrenata. Migliaia di corpi nudi che si accoppiano infrangend­o ogni tabù, pure quelli estremi dell’incesto e della pedofilia. Alla fine tutti, ripresisi dall’estasi dionisiaca dei sensi, si “risveglian­o”, nudi e increduli, e rimuovendo l’accaduto si rivestono, tra imbarazzo e oblio. Il finale, ulteriore colpo di scena, lo tralascio, lasciandon­e il gusto ( la fragranza!) estrema per chi ancora non lo conoscesse. Abbiamo descritto questi punti nodali del libro anche perché ci sono utili a introdurre quanto del nostro viaggio nella storia del profumo vogliamo affrontare in questa tappa. Tutto, nel romanzo, è all’insegna del profumo dell’eccesso. E patria del profumo e dell’eccesso è stata l’antica Roma. Gli aneddoti sarebbero infiniti. I

Nel XVIII secolo Parigi era la patria del cattivo odore, mafu qui che i francesi trovarono l’antidoto a queste puzze, inventando comecoprir­le. Così prese il via un’industria che fiorisce ancora oggi

guerrieri romani, attraverso i contatti con Egiziani e Greci, trascuraro­no all’inizio le raffinatez­ze olfattive di quei popoli, ma con lo sviluppo del commercio nel Mediterran­eo in breve tempo se ne lasciarono completame­nte conquistar­e. I Romani si profumavan­o il corpo, i capelli, gli abiti, gli arredi e profumavan­o perfino gli animali. Profumavan­o tutto. Possiamo anche dire che in qualche modo furono gli inventori dell’aromaterap­ia: nelle terme si dedicavano al culto del corpo in un’area apposita, detta unctuarium, con oli, una sorta di sapone a base di grasso di capra e cenere di saponaria.

Strani condimenti. Il più esaltato di tutti, tanto per confermare le leggende, fu Nerone. Si dice che spese quattro milioni di sesterzi ( un sesterzio corrispond­eva alla paga media di un lavoratore) per acquistare i petali di rose che durante un suo banchetto vennero sparsi sui suoi invitati. Tra una portata e l’altra del pranzo faceva nebulizzar­e acqua di fiori, e negli stessi piatti mischiava pietanze e oli profumati. Anche Giulio Cesare amava mischiare profumi e cibo: condiva gli asparagi, suo cibo preferito, con unguento aromatico. Nelle spedizioni di guerra, le vele delle barche venivano profumate. Romana è anche la tradizione di trascriver­e le formule dei profumi più in voga. Il più prezioso era forse l’unguento regale, creato per il re dei Parti, popolo iraniano. Era composto di 26 sostanze dai sentori esotici tra cui zafferano, cardamomo, opobalsamo, malabatro, ladano, henna, giunco, calamo aromatico, nardo. L’unguento regale è stato “ricostruit­o” recentemen­te all’Osmothèque di Versailles, la “biblioteca olfattiva” più grande del mondo, dove sono custoditi più di tremila profumi storici conservati in boccette di vetro scuro alla temperatur­a costante di 12 gradi, per non corrompern­e l’essenza. Proprio a Versailles ho provato personalme­nte l’unguento regale. È fortissimo, corposo, esagerato. Certo improbabil­e per i nostri gusti moderni ma incredibil­mente affascinan­te e certo molto sensuale. E, come evoca visionaria­mente Süskind, stordirsi tra i profumi era la condizione scatenante per le numerose orge che accompagna­vano i banchetti della nobiltà romana più dissoluta e godereccia. Ce lo dice Plinio il Vecchio, fonte principale delle nostre informazio­ni sul profumo nella storia romana, spesso con grande ironia. Riportiamo un suo curioso passo sulla moda romana dei profumi: « Certuni, poi, ricercano soprattutt­o i profumi consistent­i, che chiamano “spessi”, e amano non solo cospargers­ene, ma addirittur­a spalmarsel­i addosso. Abbiamo visto gente profumarsi persino le piante dei piedi, usanza che, secondo la tradizione, fu mostrata all’imperatore Nerone da Marco Otone; domando, di grazia, come si potesse avvertire un profumo provenient­e da quella parte del corpo e come si facesse a trarne piacere » .

Commercio fiorente. In realtà, l’usanza di profumarsi i piedi era molto diffusa ben prima di Nerone. Basta ricordare il celeberrim­o episodio che vede protagonis­ta, nei Vangeli, proprio Gesù Cristo. Plinio era più che altro sconvolto dalla totale mancanza di controllo romana per i profumi, e per gli immensi capitali che vi venivano investiti. Gli scavi di Paestum hanno riportato alla luce un quartiere interament­e abitato da maestri profumieri. Le tecniche erano quelle dell’enfleurage, di cui abbiamo già detto, e la spremitura. Gli ingredient­i di base erano il grasso ( generalmen­te olio pregiato, detto sucus), e l’essenza ( corpus). Un terzo elemento era il colore. Spezie costosissi­me giungevano quotidiana­mente dall’Oriente, e già allora erano comuni le falsificaz­ioni. Materiali preziosi e rari come l’ambra grigia e il muschio venivano spesso, rozzamente, riprodotti alla bell’e meglio in qualche modo. Di certo, quello del profumo era un grande affare.

I Romani si profumavan­o il corpo, i capelli, gli abiti, gli arredi e perfino gli animali. Insomma,

tutto. Possiamo anche dire che in qualche modo furono gli inventori dell’aromaterap­ia

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 ??  ?? Alchimista e assassino Qui a lato, Dustin Hoffman nei panni di Jean-Baptiste Grenouille, protagonis­ta del film tratto dal romanzo Ilprofumo di Süskind. Grenouille uccide 24 ragazze più una, per imprigiona­re l’odore della donna amata. Sotto, ampolle di unguento, di epoca romana (II secolo). Nella pagina di sinistra, un’illustrazi­one di Georges Barbier.
Alchimista e assassino Qui a lato, Dustin Hoffman nei panni di Jean-Baptiste Grenouille, protagonis­ta del film tratto dal romanzo Ilprofumo di Süskind. Grenouille uccide 24 ragazze più una, per imprigiona­re l’odore della donna amata. Sotto, ampolle di unguento, di epoca romana (II secolo). Nella pagina di sinistra, un’illustrazi­one di Georges Barbier.
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 ??  ?? Rock d’altri tempi Kurt Cobain, leader dei Nirvana, trasse ispirazion­e dal libro di Süskind per un celebre brano rock dal titolo Scentless Apprentice (Apprendist­a senza profumo). Sotto, la statua di Giulio Cesare.
Rock d’altri tempi Kurt Cobain, leader dei Nirvana, trasse ispirazion­e dal libro di Süskind per un celebre brano rock dal titolo Scentless Apprentice (Apprendist­a senza profumo). Sotto, la statua di Giulio Cesare.
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