Due senzatetto su 5 sono donne
Un’indagine denuncia l’aumento della percentuale femminile tra i clochard
In poco più di dieci anni il numero complessivo dei senzatetto in Francia è aumentato del 50 per cento e anche se il volto della povertà nelle strade è ancora soprattutto maschile, due su cinque persone che non hanno fissa dimora sono donne. Lo rileva, con la freddezza delle cifre, l’annuale rapporto dell’Insee, l’istituto nazionale di statistica. A dare un’anima e un volto a questi numeri, che fotografano una situazione sociale preoccupante e in peggioramento costante, ci hanno pensato due giornaliste del settimanale Le Point, Pauline Renoir e Lauriane Clément, che hanno incontrato Amira, Marie, Soly e le altre, donne di tutte le età e di tutte le storie, e sul giornale per il quale scrivono, in più puntate, hanno composto un triste mosaico. Che mostra come nonostante le strutture di accoglienza non manchino (nella sola Parigi ce ne sono oltre cento) i posti a disposizione per il sempre crescente numero di donne sia largamente insufficiente. Il tipo di accoglienza, poi, non è pensato per dare adeguata assistenza a chi fino a poco tempo prima ha vissuto con un tenore di vita più che dignitoso. Perché, come le due giornaliste mettono in luce nel loro racconto, diventare clochard oggi può accadere con più facilità di quanto si immagini e il profilo sociale del senza tetto in questi ultimi anni è radicalmente cambiato. Accanto a vicende più prevedibili, come quelle di donne straniere che approdano da clandestine nel Paese, ci sono anche quelle di “signore della porta accanto”. Come la vicina di casa cinquantenne che ha perso il lavoro, non è riuscita a ricollocarsi ed è stata sfrattata perché non è più in grado di pagare l’affitto. O la trentenne scappata di casa per evitare le botte di un marito violento e non ha né parenti né amici dai quali cercare rifugio. Le cronache riportano queste storie; ma quasi mai raccontano la fine che fanno le donne che ne sono protagoniste. Per loro, molte associazioni di volontariato stanno pensando di creare nuove strutture che non solo soddisfino l’emergenza, ma anche il bisogno di ricostruirsi una vita.