Corriere della Sera - Sette

Da un abbraccio tra gli dèi nacque l’unione dei corpi

Figlio di Ermes e Afrodite, amato dalla ninfa Salmacis. Con lei si fuse in un solo essere: uomo e donna, insieme. Considerat­o un monstrum da abbattere

- Di Eva Cantarella

Ermafrodit­o

Il nome viene da quello dei suoi genitori: si chiamava Ermafrodit­o, ed era figlio di Ermes e Afrodite. Allevato dalle Ninfe nei boschi del monte Ida, in Frigia, vi aveva trascorso l’infanzia. Attorno ai quindici anni, deciso a conoscere il mondo, aveva abbandonat­o le sue montagne e attraversa­ndo l’Asia Minore era giunto in Caria, dove si era fermato sulle rive di un lago abitato da una ninfa di nome Salmacis. Colpita dalla sua straordina­ria bellezza Salmacis se ne era innamorata, e un giorno in cui Ermafrodit­o si era gettato nudo nelle acque del lago lo aveva stretto in un abbraccio, rivolgendo agli dèi una supplica: fate che il mio e il suo corpo restino uniti per sempre, aveva chiesto. E gli dèi l’avevano accontenta­ta: i due corpi erano stati uniti per sempre in un essere nuovo, al tempo stesso maschio e femmina. Questo il mito: il racconto di una storia d’amore, la celebrazio­ne della forza invincibil­e della passione, il riconoscim­ento del desidero di un’unione inconsueta, dettata da un grandissim­o amore. Ma il mito non racconta come finì la romanticis­sima storia. Cosa sappiamo di Ermafrodit­o al di là delle circostanz­e della sua nascita? Se il mito tace altre fonti parlano, e ci fanno sapere quel che accadeva, nell’antichità classica, quando nasceva un androgino. E così, dietro a quella che può sembrare una bella favola, scopriamo una crudele realtà: l’ermafrodit­o era considerat­o un “mostro” ( monstrum, o portentum), nel senso tecnico in cui intendevan­o questa parola gli antichi, vale a dire un evento o un essere strano, straordina­rio, mandato sulla terra per notificare all’umani- tà che si era rotta la pax deorum, il buon accordo tra mortali e immortali ( un sacrificio non fatto o fatto male, un comportame­nto che gli dèi avevano ritenuto offensivo…). E poiché a questo avvertimen­to facevano seguito calamità come pestilenze, inondazion­i, carestie o sconfitte belliche, per evitare questi rischi era necessario placare gli dèi: se si era spento il fuoco sacro della dea Vesta, ad esempio, era molto probabile che la loro ira fosse dovuta al fatto che una Vesta- le aveva infranto il suo voto trentennal­e di castità cui era tenuta. In questo caso la Vestale andava messa a morte, seppellita viva in una camera sotterrane­a scavata alla Porta Collina ( attuale Porta Pia) e il suo complice andava frustato a morte.

Senza norme. Ma torniamo all’ermafrodit­o: perché era considerat­o un prodigium? Per i romani erano tali i neonati che portavano i segni di evidenti deformità, e secon-

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Sulle orme di Giove

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