Manuela Mimosa Ravasio
Si va a lezione,
Più di sette milioni di baffe, ovvero 31 mila e 700 tonnellate: questi sono i numeri della produzione totale di speck in Alto Adige nell’ultimo anno ( il 35 per cento marchiato Igp). La domanda che si fa Alexander Holzner, macellaio di Lana votato al biologico e alla filiera corta è: « Ma dove sono tutti questi maiali? » . Che è poi quello che si chiedono un po’ tutti, anche se il consorzio dello Speck Alto Adige Igp definisce rigidamente i parametri di qualità dell’intera filiera. Holzner comunque, alla prima gara di speck locale tenutasi a Bolzano lo scorso febbraio, e vinta, a onor del vero, dalla macelleria Pfattner Johann di Lazfons, era l’unico che aveva portato una mezzena senza conservanti, e ha avuto la medaglia di bronzo. « Presentare un prodotto così noto in modo “nuovo” è sfida difficile, ma per me è un dovere riprendere la storia della nostra conservazione delle carni » . Che si faceva senza salnitro appunto, che affumicava con un fumo freddo che non superava i dieci gradi l’animale salato e poi appeso sopra al camino delle vecchie cucine dei masi, e che usava solo maiali locali. Quella di Holzner, è una delle sette macellerie selezionate che vendono solo Carne di qualità altoatesina del progetto Kovieh, che dal suo sito web consente di risalire, attraverso un codice, a tutto il ciclo vitale, e in alcuni casi all’albero genealogico, dell’animale. La filosofia è: una famiglia contadina, un maso, animali che lì nascono e crescono. I vitelli LaugenRind per esempio, vengono solo dalla zona di Monte Luco in Val di Non. L’Alto Adige ha fatto del bio e della sostenibilità la sua ragione agricola e nonostante