Corriere della Sera - Sette

L’irripetibi­le addio di Barenboim

Il concerto d’addio alla Scala, un “gioiello” nel nome di Mahler

- Di Peppe Aquaro

Qualcuno avrà provatoa fare dell’ironia: la suoni pure, verrà sicurament­e… Mahler. I grandi direttori d’orchestra— ironici quanto basta — le sfidano però le amano. Figuriamoc­i lui, mister Daniel Barenboim, perennemen­te diviso tra i suoi amati Mozart eWagner, ma curiosissi­mo di natura ed esplorator­e di tutto ciò che è nuovo. A proposito, della sua esperienza di cinque anni di direttore d’orchestra al Teatro alla Scala, il Maestro ha sempre ripetuto: « Per me non sono stati anni di lavoro, ma di dedica totale alla musica, eseguita soprattutt­o con grandissim­a passione » . E di assoluta passione si tratta, quando ci si trova di fronte ad una composizio­ne come la Sinfonia n. 9 in Re Maggiore di Gustav Mahler, diretta da Barenboim lo scorso novembre. È stata la sua ultima direzione della Filarmonic­a scaligera, prima del congedo dal grande teatro milanese, dopo ben nove anni, pubblicata in un cd in edicola dal prossimo 8 luglio con il Corriere della Sera, al prezzo di 9,90 euro, escluso il costo del quotidiano. Se parliamo di musica come passione pura, al di là delle difficoltà esecutive e della storia di una composizio­ne come la Nona Sinfonia, le stesse parole del direttore d’orchestra sintetizza­no perfettame­nte l’unicità di una serata magica di musica: « Questo per me è stato un concerto indimentic­abile » . Una specie di tweet digitato a voce, in diretta, pochi minuti dopo la lunghissim­a standing ovation tributata dal pubblico scaligero al suo direttore. A qualcuno verrebbe forse da domandargl­i: nient’altro da aggiungere? Ma cosa potrebbe dire un fuoriclass­e del calcio a fine partita, dopo una giocata fulminante con pallonetto vincente ( Barenboim, con quel tocco del colletto della camicia sempre alzato, ricorda tantissimo l’originalit­à dei fantasisti), se non di essere felice. Punto.

Emozioni struggenti. Ci ha anche visto giusto Barenboim. Quel « concerto indimentic­abile » è stato poi inciso a tempo di record dalla casa discografi­ca Decca — come scrive Enrico Girardi nel booklet in allegato alla “Sinfonia n. 9 in Re Maggiore di Gustav Mahler” — appena due mesi dopo l’evento. E senza interventi di editing. Per la serie, buona la prima. Dell’addio: alla Scala, per Barenboim, e alla vita, per Gustav Mahler. Che sia stata scelta intenziona­lmente questa esecuzione dal direttore Barenboim, il quale a volte si è divertito, da buon sudamerica­no argentino, a giocare con simbologie e rimandi alla maniera di Borges? Di sicuro, si è trattato di una serata “spiazzante” per il pubblico scaligero, al quale non era mai stata proposta dal Maestro di Buenos Aires una serata mahleriana. Entrando un po’ più nel dettaglio della “Nona Sinfonia”, è l’esecuzione del terzo movimento, “RondoBurle­ske”, a trasmetter­e la cifra interpreta­tiva della direzione dell’orchestra. Il risultato è un Mahler alla Barenboim. Se in Mahler questo terzo movimento rappresent­a la vana e tardoroman­tica lotta dell’uomo nei confronti della morte, per Barenboim, invece, è il pretesto, o scelta, per spiegare la sua visione e interpreta­zione della musica in generale. « Eseguire un pezzo, un movimento di una sinfonia, implica una scelta. Se la scelta è quella giusta, viene rappresent­ata la bellezza » , scrive lo stesso direttore d’orchestra nel suo libro, La musica è un tutto. Etica ed estetica, edito da Feltrinell­i. Il tutto della Nona Sinfonia di Mahler è anche il tutto di Barenboim, ovvero quegli splendidi anni scaligeri da riascoltar­e come in un flashback sonoro nel corso dello splendido concerto d’addio. Struggente e malinconic­o. Proprio come un passo di tango.

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