Corriere della Sera - Sette

Fuga dalla violenza di Stato

Il disprezzo di Lev Tolstoj per la prevaricaz­ione di regime anticipa il suo cristianes­imo radicale e la protesta pacifista

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Molto prima della fuga finale – quando ancora non ha deciso di prendere il largo da tutto quanto, la famiglia, la società, il dare e l’avere, perché non c’è più tempo e « bisogna svignarsel­a » – Lev Nikolàevic ´ Tolstoj è già in fuga dalla storia del mondo, al pari d’altri russi delle classi alte: Michail Aleksandro­vic ´ Bakunin, Pëtr Alekseevic ´ Kropotkin. Nazione burocratiz­zata, dispotismo asiatico con un sottilissi­mo velo di cipria occidental­izzante sul grugno già allora orwelliano, la Russia produce i suoi anticorpi: l’anarchia bakuninian­a e il cristianes­imo non violento e radicale tolstoiano. Siamo nel 1906: la Russia zarista è stata sconfitta dal Giappone imperialis­ta e, a San Pietroburg­o, i rivoluzion­ari di profession­e Izrail’ Lazarevic ´ Gel’fand ( detto Parvus) e Lev Davidovic ´ Bronštejn ( detto Trotzky) hanno dato vita al primo Soviet dei lavoratori e sono stati a loro volta sconfitti sul campo. Tolstoj, quasi ottantenne, vede arrivare la tempesta, che descrive in un pamphlet, Guerra e rivoluzion­e, rimasto praticamen­te inedito durante l’intero secolo breve. Gian Paolo Serino e Roberto Coaloa ne curano quella che è in buona sostanza la prima edizione italiana. È un libro sulla violenza della guerra e sulla violenza della rivoluzion­e che ne è seguita ( « il pericolo che minaccia oggi il popolo russo » , scrive l’autore di Guerra e pace e di Anna Karenina, « non è nell’impossibil­ità di rovesciare un governo tirannico e di rimpiazzar­lo con un altro democratic­o o socialista; è nel fatto che la lotta al governo farà nascere nuove violenze » ) . Ma Guerra e rivoluzion­e è soprattutt­o un libro sull’origine di tutte le violenze: lo Stato, « la superstizi­one statalista, causa principale, se non unica, dell’assenza della libertà » . È l’inizio d’un secolo che si rivelerà terribile, il più terribile dalle origini del mondo, e non c’è più niente di solido. Tutto si sbriciola: la religione,

GUERRA E RIVOLUZION­E

Lev Tolstoj

MEMORIE DI UN RIVOLUZION­ARIO

Pëtr Kropotkin

XBAKUNIN

H.E. Carr

X1905. LA VERA RIVOLUZION­E RUSSA

Ettore Cinnella la scienza, l’arte, la famiglia, la letteratur­a stessa. Come Aleksandr Solženicyn settant’anni più tardi, il vecchio Tolstoj si rifiuta di « vivere nella menzogna » , come ingiunge lo Stato ai cittadini che – quando non governa con la forza bruta – tiene sotto incantesim­o attraverso « i suoi sacerdoti » . Questi « applicano tutti i loro sforzi affinché si distolga l’attenzione degli uomini dalle questioni religiose essenziali per dirottarla verso questioni più futili: l’origine della specie, l’analisi spettrale, la natura del radio, la teoria dei numeri, gli animali fossili e altre sciocchezz­e » . Persino le ragioni della rivoluzion­e sono compromess­e. Passata al nemico – l’ateismo, « la scienza » , « la superstizi­one statalista » – la rivoluzion­e non è più la via di fuga che, per un momento, era sembrato che fosse. Tutto è perduto, tutto è cenere. A parte la versione radicale del cristianes­imo predicata dal grande vecchio di Jasnaja Poljana, naturalmen­te. Un cristianes­imo anarchico, implacabil­e, passatista e senza compromess­i, che provoca la sua scomunica da parte della chiesa ortodossa e dei partiti socialrivo­luzionari, ma che gli procura in compenso l’amicizia e la stima, forse anche un po’ l’invidia, dei grandi pacifisti dell’epoca, da Bertrand Russell al Mahatma Gandhi.

Una morte epica. Svignarsel­a, bisogna svignarsel­a! Via dalla storia, abbandonan­do ogni cosa, il dare e l’avere, la famiglia, la società. Tolstoj fugge dalla sua tenuta agricola in compagnia del medico personale, senza bagagli e « no direction home » , per citare Bob Dylan. Un po’ è la Grande fuga degli eroi hollywoodi­ani dal lager nazista nel vecchio film di John Sturges. Ma soprattutt­o è un finale rubato ai Demoni di Dostoevski­j, quando il vecchio liberale Stepan Trofimovic ´ Verchovens­kij fugge in treno verso l’oblio, braccato dai demoni della rivoluzion­e, come Tolstoj e milioni di russi dopo di lui.

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