«Ecco come il selfie ha cambiato la nostra vita»
Dalla magia delle prime diapositive agli inganni delle nuove tecnologie. Una riflessione personale, ricca di suggestioni letterarie, del mezzo che ha modificato la percezione del mondo
Il saggio di Roberto Cotroneo racconta le insidie della fotografia
Non sapere aumenta in modo vertiginoso l’illusione di essere creativi. Ma genera un’idea di se stessi che è assai più alta di quanto sia veramente concesso alla realtà delle cose » . L’affermazione lapidaria è una delle osservazioni, difficilmente confutabili, che s’incontrano leggendo Lo sguardo rovesciato di Roberto Cotroneo ( Utetlibri). Scattare non richiede più nozioni o abilità, i telefonini sostituiscono le macchine, si moltiplicano le foto sparse per il globo con la complicità dei social network e si modifica la percezione che abbiamo di noi stessi, degli altri, del mondo. Lo Sguardo rovesciato è tutto questo e molto altro. La fotografia appassiona l’autore fin dalla gioventù, quando le fotografie, che poi si stampavano, erano il sigillo delle grandi occasioni, quando la macchina fotografica era un oggetto di culto e sviluppare un rullino implicava un costo che sollecitava l’attenzione del fotografo sia nella scelta del soggetto che nella capacità di inquadrarlo. La difficoltà con cui le fotografie fino a vent’anni fa potevano essere manipolate conferiva loro un grado maggiore di credibilità e le imprecisioni tecniche o gli errori conclamati contribuivano alla distinzione tra amatori e professionisti stabilendo una gerarchia anche tra questi ultimi. Oggi, dice Cotroneo, si è al paradosso. Si è giunti alla distorsione cognitiva, ovvero « all’incapacità da parte di chi non è esperto in una materia di riconoscere i propri limiti ed errori » . Ne deriva « un immiserimento del gusto, una completa inconsapevolezza di quello che si sta facendo. Uno spostare decenni di storia dell’immagine, di storia dell’arte e di estetica in una caricatura del bello e della creatività » . Al vertice di questo orrore c’è il selfie: « Nessuno più ritrae quello che vede, ma mostra se stesso… lo schermo del proprio cellulare si fa specchio ( sguardo rovesciato, appunto ndr), e non finestra sul mondo » . Cotroneo spiega bene il mito che da sempre accompagna la fotografia: ovvero la sua presunta capacità di aderire e riprodurre il reale. Per sfatarlo e per offrire vari punti di vista sull’essenza della fotografia e la sua funzione cita poeti ( Charles Baudelaire), scrittori ( Susan Sontag), semiologhi ( Ronald Barthes). Si appella ad alcune delle foto più famose e spiega gli equivoci che hanno generato. Come lo scatto famosissimo di Eddie Adams che coglie l’istante in cui nel 1968 un generale della Repubblica del Vietnam uccide un Viet Cong. Un atto tremendo di violenza reale che però non racconta tutto il frangente: la fotografia non dice che il generale spara alle tempie di un uomo che ha appena ucciso i suoi soldati. « Il generale uccise il Viet Cong e io uccisi il generale… le fotografie mentono, anche senza essere manipolate » , fu il mea culpa del Premio Pulitzer Eddie Adams affidato a Time.
Riconoscere i contenuti. Cotroneo non fa sconti: mette a nudo gli inganni della fotografia analogica e si accanisce contro l’uso indiscriminato di quella digitale ( che oltretutto è diffusamente manipolata). Lo fa con la passione di un amante tradito. Seducente e lusinghiera, la fotografia prima ammalia, poi si rivela inattendibile e infine confessa di essere incostante. Ora però che tutti ne usufruiscono è anche indifesa. Se potesse rispondere al pamphlet di Cotroneo la fotografia gli direbbe che ha ragione: è volubile, tutti la posseggono e per lo più genera immagini immonde. Ma in mani esperte può produrre contenuti importanti che richiedono occhi competenti perché siano riconosciuti e valorizzati. Occhi vigili, come quelli di un amante tradito, che una volta percepiva il valore e la bellezza dell’amata. E se amore non può più essere, che almeno si rimanga amici.