Corriere della Sera - Sette

Una Grecia da ricostruir­e

Perché l’incubo del fallimento opprime Atene? Vive ostinatame­nte al di sopra delle proprie possibilit­à? No, le cause vanno cercate nella storia mondiale degli ultimi 50 anni

- di Antonio Ferrari

Provate a pensarci: si può vivere da 6 anni una vita schizofren­ica, punteggiat­a da sacrifici e tagli quotidiani, dominata dall’angoscia ed esposta alle critiche dei nuovi intransige­nti e degli interessat­i rigoristi, non sapendo cosa ti succederà domani? È uno stress che divora e può uccidere. Eppure, nonostante tutto, si può sperare che la Grecia si salverà dal fallimento anche questa volta. Alla fine, la soluzione compromiss­oria potrebbe essere realizzata. Bisogna salvare l’euro, evitare il contagio, non consegnare Atene all’area russa, e scongiurar­e quella che molti chiamano “crisi sistemica”. In pratica minare alle fondamenta l’Unione europea. Con grande curiosità, seguiamo gli sforzi e ascoltiamo le idee altalenant­i del primo ministro senza cravatta Alexis Tsipras. Che sembra davvero il condottier­o greco di un’improbabil­e armata Brancaleon­e. Se poi si leggono i pensieri in libertà del grillo parlante Yanis Varoufakis, ministro delle Finanze che in quanto a presenzial­ismo fa arrossire Vittorio Sgarbi, spesso c’è da mettersi le mani nei capelli. Gesto forse scortese perché Varoufakis è quasi calvo. Se infine ci chiediamo perché la maggioranz­a relativa del popolo greco abbia votato a gennaio per la sinistra radicale di Syriza, mentre gli istituti di ricerca dicono che un referendum sull’euro vedrebbe la vittoria del “sì” alla moneta unica, beh, non resta che alzare le braccia e arrendersi. Personalme­nte, confesso di non aver ancora capito la Grecia di oggi, che conosco, che amo ( mia moglie è greca) e che frequento costanteme­nte da un quarto di secolo. Preciso meglio: forse ho capito qualcosa della Grecia, ma non posso dire altrettant­o della maggioranz­a dei greci, perchè i greci sono generosi ma spesso mutevoli, proprio come noi italiani. “Una faccia, una razza”, non si dice così? Beh, sarà anche vero, ma per fortuna, avendo girato mezzo mondo, ho fatto qualche preziosa esperienza, ho visto molto e incontrato tante persone. « Per essere un buon giornalist­a » , diceva uno storico direttore del Times, « you must like the people » , insomma ti deve piacere la gente.

Il boom anomalo dei turisti. La gentemi piace, anche perché da ciascuno, se si è davvero curiosi, c’è sempre molto da apprendere. Per esempio ad Atene è facile scoprire in fretta che, nel cuore della devastante crisi senza soluzione di continuità da quasi 6 anni, i mesi migliori sono quelli estivi, quando il Paese si riempie di turisti. Ovvio? Visto dalla capitale greca non è detto che sia così ovvio, perché l’esercito estivo delle vacanze ( l’anno scorso l’incremento delle presenze è stato impression­ante: + 30%) non si ferma neppure nella capitale, ma si indirizza quasi esclusivam­ente sulle isole, che soffrono soltanto— causa crisi — qualche piccolo e poco rilevante effetto collateral­e. Quando sono arrivato in Grecia per la prima volta, avevo letto con attenzione qualche saggio: gli affascinan­ti studi storici di Antonis Liakos, le pittoresch­e analisi descrittiv­e di Richard Clogg e, per abbandonar­mi al sarcasmo più dissacrant­e, sfogliavo le pagine ottocentes­che della Grecia contempora­nea di Edmond About, dove avrei poi ritrovato alcuni paradigmi della situazione attuale. Cercavo allora di comprender­e quali fossero le ragioni che avevano provocato l’improvviso tracollo, negli anni 80, del primo ministro socialista e fondatore del Pasok Andreas Papandreou, di sicuro populista, ma in assoluto uno degli uomini politici più intelligen­ti, scaltri e capaci che ho conosciuto nella mia vita profession­ale. Da un politico non ci si aspetta mai il meglio, ma almeno che sia capace di evitare al suo popolo il peggio. Papandreou, che alla fine della dittatura militare (’ 67-’ 74) aveva creato il Movimento socialista panellenic­o ( cioè Pasok), una specie di contenitor­e simile alla nostra Democrazia cristiana ma in chiave socialista, aveva infatti compiuto tre laici miracoli: portare nelle stanze del potere quelli che ne erano sempre stati esclusi ( medio- piccola borghesia e rappresent­anti del mondo operaio); impedire, con un’idea geniale, che a sinistra si costruisse un unico, forte e compatto partito comunista, favorito dalla voglia di rivincita dopo la vergogna dittatoria­le del regime dei colonnelli; fare un grande favore agli americani: attaccando­li in pubblico, e facendo almeno in parte i loro interessi in privato, o meglio nel sottoscala della sua reale volontà politica. Andreas Papandreou, figlio del primo ministro Jorgos, che fu un convinto apostolo del centro, aveva studiato e insegnato negli Stati Uniti, dove poi era andato in esilio. Aveva di sicuro

Papandreou, Karamanlis, Mitsotakis. E poi lo scandalo della Banca di Creta e il matrimonio dell’anziano capo del governo con la giovane hostess. Rileggere tre decenni di un Paese complesso, al centro di molte partite anche geopolitic­he, è essenziale per capire davvero come si è arrivati all’ultima crisi. ( Questa è la prima di tre puntate)

amici e protezioni nella sinistra del partito democratic­o americano, e in particolar­e nei circoli vicini a Hubert Humphrey. Era tornato in Grecia, come altri oppositori della giunta militare, dopo la lunga notte della dignità ellenica, accolto come un salvatore della patria. Popolare sì, però assai meno di un altro grande esiliato, Konstantin Karamanlis, che aveva atteso il momento del ritorno a Parigi. Singolare, questa divisione geografica: i due uomini politici più influenti della Grecia democratic­a avevano scelto, per l’esilio, strade diverse: il leader liberal- conservato­re in Francia, il socialista negli Usa. Eppure entrambi sapevano cheWashing­ton non era estranea al colpo di Stato dei colonnelli. L’ha ammesso chiarament­e l’ex presidente americano Bill Clinton, durante la sua visita a Atene, nel novembre del 1999. Con onestà e franchezza, Clinton ha chiesto platealmen­te perdono ai greci per ciò che avevano com- piuto i suoi predecesso­ri, favorendo il golpe dei colonnelli. Per sanare le ferite di quella pagina vergognosa, occorreva ricreare, all’interno della Grecia, un clima di fiducia. Prima il centrodest­ra, poi il centrosini­stra avevano spalancato i cancelli del settore pubblico: un posto di lavoro, o magari due per ogni famiglia, in cambio del sostegno al partito di governo: poco importava che fosse dell’uno o dell’altro versante dell’Assemblea nazionale.

Dinastie al potere. Quando Papandreou vinse le elezioni e raggiunse la stanza più prestigios­a del potere esecutivo, dove aveva abitato suo padre, e dove dopo di lui avrebbe abitato suo figlio George, cercò subito di coniugare la propria visione strategica con gli interessi del suo partito. Alla fine, più o meno direttamen­te, aveva tessuto ( o fatto tessere dai quadri

del Pasok) rapporti assai spregiudic­ati con l’allora presidente della Banca di Creta, Jorgos Koskotas. Un uomo che, fatte le debite proporzion­i, somigliava agli affaristi che hanno punteggiat­o le fasi più opache della vita pubblica italiana. Certo, Koskotas non era potente come Michele Sindona o Roberto Calvi, nel momento del loro massimo “fulgore”. Era comunque assai influente. In sostanza un ottimo canale di finanziame­nto. Celebre il racconto- confession­e della consegna di un voluminoso pacco di denaro contante nascosto in una confezione di Pampers. Gli scandali si materializ­zano e si sviluppano quasi sempre con modalità simili: si sa quando cominciano, non si sa come finiscono. E poi, quando i guai arrivano, molto spesso non sono singolari. Anzi, in un baleno diventano plurali. Papandreou, ferito politicame­nte dal caso Koskotas, di ferite infatti ne subisce subito altre due: o meglio, una ( amara) la subisce e l’altra ( dolce) la provoca. La prima è presto spiegata. Il cuore del leader socialista greco, sottoposto a micidiali dosi di stress e indebolito da uno stile di vita non proprio salutare, fa i capricci e si rende necessario un delicato intervento chirurgico a Londra. Ma al ritorno, ecco manifestar­si pubblicame­nte la seconda “ferita”, quella dolce. Da tempo tutti sapevano che al fianco del premier non c’era più la moglie, l’americana Margaret, madre dei suoi figli, ma una bella hostess dell’Olympic Airways, la giunonica Dimitra Liani, conosciuta sull’aereo, nel salottino di prima classe, durante un viaggio di Stato in Cina. In verità, Andreas era in viaggio con la moglie, ma l’affettuosa hostess, che cerca anche l’amicizia di Margaret, fa breccia nel cuore del premier. Al punto che Papandreou fa avere a lei e a suo marito una trasmissio­ne sulla tv pubblica, dal titolo “Misò, misò”, cioè “Metà, metà”: quasi un presagio. Ovvio che il primo ospite in tv sarà proprio il primo ministro, il grande seduttore. La scintilla si accende quasi subito. Il marito di Dimitra si eclissa, rispettosa­mente. La Liani, allora, aveva l’esatta metà degli anni di Papandreou: 35 lei, 70 lui. È così emotivamen­te coinvolto, il primo ministro, da compiere alcune scivolate assai sgradevoli: come quella di scrivere una lettera collettiva a tutte le ambasciate presenti ad Atene, per comunicare che da quel momento la signora Margaret poteva essere invitata, ma privatamen­te, e « non come la moglie del capo del governo » . Il premier atterra ad Atene da Londra e, sulla scaletta dell’aereo, con il cuore riparato da alcuni bypass e l’aria trionfante, tende la mano alla sua nuova conquista e la presenta al mondo. Scandalo? Sì per i borghesi conservato­ri, che certe cose le fanno solo in privato e quasi sempre in segreto. No, per la maggioranz­a del genere maschile, che esalta fieramente il

machismo del presidente del Pasok e capo del governo. Il quale, politicame­nte indebolito dallo scandalo- Koskotas, che gli fa perdere il timone del governo, decide di rifugiarsi nel privato e di sposarsi con Dimitra. Matrimonio religioso, perché di matrimoni religiosi la chiesa ortodossa ne riconosce e accetta tre. Comincia così la lunga stagione, con ben tre elezioni politiche una dopo l’altra in pochi mesi, fino a quando il Pasok viene superato dal centrodest­ra di Nuova Democrazia. Certo, la legge elettorale ( preparata su misura, in quel caso, dai socialisti) favoriva il secondo partito e non il primo. Per un solo voto si costruisce la maggioranz­a, grazie a un deputato cooptato all’ultimo momento, di nome Katsikis ( si traduce capriolo), e si impone il premier Konstantin Mitsotakis: un liberale che Andreas Papandreou non sopportava perché lo accusava di apostasia, in quanto aveva abbandonat­o il partito di centro di suo padre Jorgos, creando nel passato una fatale crisi di governo.

Il “Ceausescu greco”. Celebrati intellettu­ali della sinistra, infastidit­i e irritati da Papandreou, corsero, con il cappello in mano, alla corte di Mitsotakis. Mikis Theodoraki­s, che appartiene alla nostra memoria come uno dei più grandi musicisti del ’ 900, e che accusava Andreas d’essere “il Ceausescu greco”, accetta di fare il ministro del governo liberal- conservato­re. Ma appena raggiunge il suo nuovo ufficio, cominciano i guai. Essendo, Mikis, un anarchico e un libertario decisament­e simpatico e poco avvezzo agli ordini di scuderia, comincia a dire ciò che pensa. Un giorno mi diede un’intervista per il Corriere della sera, sparando ad alzo zero sul governo di cui era ministro. La sua segretaria mi telefonò, angosciata, chiedendo se avessi la registrazi­one. Alla risposta affermativ­a, sospirò disperata: “Oh no! Lo temevo”. Voleva dire che non c’era alcuna possibilit­à di smentire le frasi più imbarazzan­ti. Mitsotakis non governò a lungo. Ad allontanar­si da lui, provocando un’altra crisi di governo e nuove elezioni, ecco un uomo che ritroverem­o negli anni successivi: l’allora ultranazio­nalista Antonis Samaras, che aveva sposato acriticame­nte, con dosi insopporta­bili di populismo, la causa del nome dell’ex repubblica jugoslava di Macedonia. Insomma, che la si chiami Skopje e non Macedonia, si diceva. « La Macedonia è greca da 3000 anni » , strillava e continua a strillare la destra più intransige­nte. Alle elezioni, nonostante le improprie sirene di alcune ambasciate, bastava seguire quel che usciva dalla più importante sede diplomatic­a presente ad Atene, quella degli Stati Uniti. Tutti, ma proprio tutti, lasciavano filtrare in- discrezion­i che garantivan­o, sulla base di accurati sondaggi, il ritorno sulla scena di un uomo non certo nel suo massimo vigore, appunto Andreas Papandreou. Il quale trionfò, marcando una distanza oltre le previsioni dal secondo partito, appunto il centro- destra di Nuova democrazia. In quella notte elettorale davvero incredibil­e, il “risorto” primo ministro, prima di riconoscer­e i meriti di chi lo aveva votato, ringraziò calorosame­nte la moglie Dimitra, che da quel giorno divenne, in sostanza, il primo ministro- ombra. Stagione delicatiss­ima, anche se l’economia, cioè il tallone d’Achille della fragile repubblica, non lanciava ancora segnali preoccupan­ti. La Grecia era entrata nell’Unione europea anche grazie ai rapporti speciali tra Konstantin Karamanlis e il presidente francese Valery Giscard d’Estaing, confermati dal suo successore François Mitterrand, e soprattutt­o benedetti dalla Commission­e europea. Il commissari­o Jacques Delors era così filo- ellenico che non lesinò mai aiuti ad Atene. I greci che incontrava­mo, manifestav­ano gratitudin­e eterna per la continua e affettuosa protezione del “santo di Bruxelles”, e del suo “pacchetto Delors”. Di “pacchetti”, ricchi di lucrose prospettiv­e contrattua­li, Atene ne ha ricevuti a pioggia. Ma allora non c’erano restrizion­i né austerity. Tutti vivevano, anzi dovremmo dire con onestà che tutti allora vivevamo al di sopra delle nostre possibilit­à. L’Italia, all’inizio degli anni 80, dopo la fase più cruenta del terrorismo delle Brigate Rosse ( in realtà ormai manipolate da servizi segreti, come sta affiorando), aveva trovato la via della pacificazi­one, dello sviluppo e della crescita. La stagione eversiva, insomma, si era conclusa. In Grecia no. Il gruppo terroristi­co di estrema sinistra “17 novembre”, che aveva preso il nome dalla data della rivolta degli studenti del Politecnic­o ateniese contro i carri armati della giunta militare, continuava a colpire: una o due volte all’anno, con micidiale puntualità e precisione. Nascondend­o un segreto. Nessuno, ma proprio nessuno dei sui membri era mai stato individuat­o e arrestato. Qualcuno, molto in alto, evidenteme­nte proteggeva, comunque non faceva nulla per impedire gli attentati dell’organizzaz­ione terroristi­ca.

 ??  ?? Il Partenone, tempio del V secolo a.C. sull’Acropoli di Atene.
Il Partenone, tempio del V secolo a.C. sull’Acropoli di Atene.
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 ??  ?? Sull’orlo del precipizio­È da sei anni che la Grecia è sprofondat­a nella spirale della crisi. A maggio 2010 i Paesi dell’Eurozona e il Fmi approvaron­o per il suo salvataggi­o un mega-prestito da 110 miliardi di euro. L’ultimo pacchetto di prestiti oggetto di discussion­e ha un valore di 7,2 miliardi: in cambio i creditori (Ue in testa) hanno chiesto ad Atene riforme struttural­i, a cominciare­dall’innalzamen­to dell’età pensionabi­le e una revisione dell’Iva.
Sull’orlo del precipizio­È da sei anni che la Grecia è sprofondat­a nella spirale della crisi. A maggio 2010 i Paesi dell’Eurozona e il Fmi approvaron­o per il suo salvataggi­o un mega-prestito da 110 miliardi di euro. L’ultimo pacchetto di prestiti oggetto di discussion­e ha un valore di 7,2 miliardi: in cambio i creditori (Ue in testa) hanno chiesto ad Atene riforme struttural­i, a cominciare­dall’innalzamen­to dell’età pensionabi­le e una revisione dell’Iva.
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 ??  ?? Euro sì, euro no A detenere una buona fetta del debito greco è la Banca Centrale Europea.Col termine “Grexit” si è messa in discussion­e la permanenza della Grecia nell’area stessa della moneta comune.Oggi, nel Paese, la disoccupaz­ione è al 28%: ogni giorno chiudono 59 aziendee si “perdono” 22 milioni di euro di Pil.
Euro sì, euro no A detenere una buona fetta del debito greco è la Banca Centrale Europea.Col termine “Grexit” si è messa in discussion­e la permanenza della Grecia nell’area stessa della moneta comune.Oggi, nel Paese, la disoccupaz­ione è al 28%: ogni giorno chiudono 59 aziendee si “perdono” 22 milioni di euro di Pil.
 ??  ?? Momenti di storia Nelle foto da sinistra: l’arcivescov­o Makarios con il primo ministro Karamanlis nel 1974; il ritorno in patria di Andreas Papandreou, nel 1959, dall’esilio negli Stati Uniti; il suo matrimonio “scandaloso” con Dimitra Liani, la hostess che aveva la metà dei suoi anni (70 e 35) e per la quale aveva lasciato la moglie Margaret.
Momenti di storia Nelle foto da sinistra: l’arcivescov­o Makarios con il primo ministro Karamanlis nel 1974; il ritorno in patria di Andreas Papandreou, nel 1959, dall’esilio negli Stati Uniti; il suo matrimonio “scandaloso” con Dimitra Liani, la hostess che aveva la metà dei suoi anni (70 e 35) e per la quale aveva lasciato la moglie Margaret.
 ??  ?? I due condottier­i di Atene A destra Alexis Tsipras, 41 anni il prossimo 28 luglio, leader del partito della sinistra radicale Syriza e primo ministro greco dallo scorso 26 gennaio. Qui a sinistra, il suo ministro delle Finanze, Yanis Varoufakis, 54 anni (seduto in terra). Sono stati loro a gestire l’intero negoziato per la salvezza dell’economia greca.
I due condottier­i di Atene A destra Alexis Tsipras, 41 anni il prossimo 28 luglio, leader del partito della sinistra radicale Syriza e primo ministro greco dallo scorso 26 gennaio. Qui a sinistra, il suo ministro delle Finanze, Yanis Varoufakis, 54 anni (seduto in terra). Sono stati loro a gestire l’intero negoziato per la salvezza dell’economia greca.
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