Corriere della Sera - Sette

Quando anche i panorami erano bloccati da un timbro

La censura viene istituita quasi subito. Non “passano” le lettere che descrivono le battaglie, né quelle che danno informazio­ni o notizie allarmanti. Ma neanche le immagini stampate dei paesaggi

- di Enrico Mannucci

Parole per tenere unita l’Italia

Il meccanismo della censura viene spiegato in I servizi postali dell’esercito italiano 19151923 ( edizioni Sirotti) scritto da Beniamino Cadioli e Aldo Cecchi ( il secondo è l’anima dell’Istituto di Studi Storici Postali di Prato che, insieme all’Archivio Storico di Poste Italiane, ha offerto buona parte dei materiali per questa serie di articoli). La censura per la posta dei militari venne istituita il 14 giugno 1915, contempora­neamente al divieto di usare lettere aperte. Il controllo della corrispond­enza era effettuato presso il concentram­ento di Treviso da uno speciale servizio dell’Esercito, all’inizio soprattutt­o sulle lettere, poi anche sulle cartoline. Dei bolli particolar­i indicavano la posta controllat­a. Più avanti, constatate diverse inefficien­ze del sistema, venne istituito un servizio più capillare, la censura reggimenta­le, per « evitare la diffusione di notizie allarmanti o concernent­i dislocazio­ni emovimenti di truppe » . Gli uffici non erano certo molto tolleranti. Alcuni esempi si leggono in Plotone d’esecuzione di Enzo Forcella e Alberto Monticone ( Laterza). Si può prendere il caso di A. C., della provincia di Milano, soldato automobili­sta condannato a sei mesi di carcere militare per lettera denigrator­ia, nel gennaio 1918. Recita la motivazion­e della sentenza: « L’A. C. nella lettera diretta ad un amico narrava episodi della ritirata in modo tale da proiettare una luce sinistra sulle operazioni militari compite dal nostro esercito alla fine di ottobre, e riferendo della condanna a morte di due sbandati usava espression­i siffatte da travisare la salutare sanzione del reato, qualifican­dola “orrendo spettacolo” e scrivendo tra l’altro: “Dopo più di due anni di guerra ove si è perso molti soldati, rovinate famiglie, rovinate le proprie posizioni e sprecato molto denaro, in poche ore si è perso tutto e qualche cosa di peggio, e per sciocchezz­e che meriterebb­ero qualche anno di carcere oppure inviarli in trincea vengono fucilati e di questi casi ne succedono ogni giorni. Si discute di fucilazion­e come se fosse di uccidere un pollo”. Con ciò egli recava grave offesa alla disciplina, denigrando apertament­e l’opera della disciplina medesima in un momento in cui, per la salute della Patria ogni estrema sanzione doveva applicarsi allo scopo di mantenere salda la compagine dell’esercito. Vilipendia­va dunque il giudicabil­e l’esercito, disprezzan­do l’arma più potente che esso ha per garantire sé stesso: il diritto cioè di punire severament­e chiunque faccia opera dannosa la rigida unità materiale e morale che è l’ossatura dell’esercito, il suo fondamento e la sua ragion d’essere » .

Attenti controlli. Va ricordato un aspetto particolar­e: la censura si occupò anche delle cartoline che riportavan­o panorami delle zone di guerra, soprattutt­o nei primi tempi del conflitto quando quelle ufficiali, in franchigia, non erano ancora disponibil­i. Nel volume di Cadioli e Cecchi sono così riportate missive dal testo assolutame­nte innocente, bloccate, però, perché al verso riproducev­ano paesaggi dove si combatteva o comunque contigui, ad esempio Bezzecca, Bassano, Vestone.

7 - continua

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In alto, la fucilazion­e di alcuni
soldati italiani durante la Prima
guerra mondiale. Al centro,
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con il timbro di verifica della censura. Qui sopra, a sinistra, la copertina del libro I servizi...
Davanti al plotone In alto, la fucilazion­e di alcuni soldati italiani durante la Prima guerra mondiale. Al centro, una cartolina spedita dal fronte con il timbro di verifica della censura. Qui sopra, a sinistra, la copertina del libro I servizi...
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