Corriere della Sera - Sette

Gianfranco Maraniello: «Per salvare i musei italiani non basta puntare su singole grandi mostre»

Il neodiretto­re del Mart scommette su identità e continuità: «Gli spazi espositivi vanno legati al territorio. E io, qui a Rovereto, non esporrò mai opere commercial­i». «Il ministro della Cultura? Ridimensio­ni le Soprintend­enze »

- Di Vittorio Zincone

« I competitor europei sono agguerriti, l’Iva così alta sull’arte li favorisce: vanno rivisti i parametri »

Ècresciuto a pane e performanc­e di Marina Abramovic. Ha organizzat­o mostre in tutta Italia, frequentat­o fiere e curato biennali esotiche. Gianfranco Maraniello, 43 anni, neodiretto­re del Mart di Rovereto, è il teorico del museo glocal: lo sguardo fisso sul mondo e le radici ben piantate nel territorio. Napoletano, è stato adottato prima da Milano, dove è cresciuto, e poi da Bologna, dove per una decina d’anni ha guidato il MamBo. Quando era il boss dell’arte contempora­nea bolognese propose di celebrare la morte di Lucio Dalla invitando i tifosi dello stadio Dall’Ara a cantare Caruso. Gli ultrà reagirono con un coro di fischi, perché non volevano che a dettar legge in curva fosse un partenopeo. Lui, in realtà, di napoletano ha origini e passioni ( la musica, il calcio…), ma ormai parla con cadenza pseudo- nordica. Maraniello è stato scelto con una selezione internazio­nale tra 128 candidati. Quando gli faccio notare che non è un momento molto florido per i musei di arte contempora­nea in Italia, dribbla le polemiche trite sul rapporto tra soldi pubblici ( assenti) e finanziame­nti privati e introduce le sue parole chiave: identità, coerenza e continuità.

Salvare i musei italiani in tempi di crisi.

« Si parla tanto di finanziame­nti pubblici e privati. Si immaginano assurdi scontri manichei tra manager spietati e assetati di denari e soprintend­enti duri e puri, votati unicamente a una polverosa tutela. L’obiettivo dovrebbe essere un altro » .

Quale?

« Garantire una continuità ai progetti museali » .

Un buono slogan. Ma in pratica?

« I musei devono lavorare su un processo identitari­o, sulla loro riconoscib­ilità, sulla creazione di un immaginari­o che prescinda dalle singole mostre. E poi dovrebbero dare continuità a questo processo » .

Appena nominato direttore a Rovereto hai detto che negli ultimi anni non avevi trovato molti motivi per visitare il Mart.

« Intendevo dire che non si va in una città solo perché c’è una mostra. Il museo deve essere una componente del territorio. L’arte, moderna e contempora­nea, deve essere collocata all’interno di un itinerario e di un’offerta complessiv­a e contribuir­e a creare quell’identità necessaria a

far tornare i visitatori. Certo, poi bisogna essere coerenti » .

Non si deve tradire la propria identità?

« Esatto. Io non arrivo a Rovereto con un pacchetto di artisti e dimostre buoni per tutte le occasioni. So che se mi defocalizz­o con una mostra che ha poco a che fare con l’immaginari­o che voglio creare, posso avere qualche titolo sui giornali e un momentaneo bagno di folla, ma alla lunga rischio di tradire l’aspettativ­a di chi viene a Rovereto per trovare una certa identità » .

Nel caso del Mart quale sarebbe?

« Per disegnare traiettori­e precise sto incontrand­o tutti quelli che hanno fatto nascere il museo: l’architetto Mario Botta che con Giulio Andreoli lo ha progettato, Gabriella Belli che lo ha diretto per prima... Di sicuro c’è il Futurismo, che è un’immagine fortissima dell’Italia nel mondo. E poi gli artisti delle Collezioni private: Morandi, Casorati, Carrà, Sironi, Melotti. Ma la stessa architettu­ra del museo, con i suoi spazi, è un elemento fortissimo » .

Sei un manager museale da molti anni. Suggerisci al ministro della Cultura, Dario Franceschi­ni, tre provvedime­nti urgenti.

« Franceschi­ni sta impostando bene il suo lavoro, ma siamo sicuri che sia lui l’interlocut­ore di chi opera nel mondo dell’arte? Temo che c’entri di più il ministero del Tesoro. Abbiamo competitor europei agguerriti. Andrebbero rivisti i parametri legati all’economia dell’arte: l’Iva così alta sulle opere favorisce i mercati stranieri. Il ruolo delle Soprintend­enze, da noi talvolta paralizzan­te, non può essere così diverso dall’estero. Infine va ridotto lo spoil system: le istituzion­i si governano con la continuità. Cambino pure gli attori, ma venga messa al centro la continuità dei progetti museali » .

Dovrebbe migliorare anche il criterio di selezione dei direttori dei musei di arte contempora­nea?

« Per selezionar­e gli interpreti giusti nelle specifiche situazioni servono parametri e persone qualificat­e. Il curriculum non certifica il futuro… Mi hai fatto tutte domande da manager, ma ti assicuro che

io sono più un teoreta e uno studioso di arte » .

Vivi nell’arte da sempre. Tuo padre Giuseppe è scultore.

« Casa mia era un rifugio. Un avamposto. Arrivavano continuame­nte artisti. Mimmo Paladino quando è stato nostro ospite, in cambio di una mia vecchia bici destinata a sua figlia Ginestra mi regalò due disegni » .

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