Corriere della Sera - Sette

Il baseball è all’ultimo stadio

Dicono che abbia soltanto dieci anni di vita. Nonostante i vecchi fan alimentino un business sostanzios­o, dal 2002 il numero dei ragazzini che ci giocano si è quasi dimezzato. Segno di un declino inesorabil­e. I motivi? Sociali e culturali

- di Costanza Rizzacasa d’Orsogna

«Chi gioca in prima base? » « Sì » . « Dai, dimmelo » . « Chi » . « Il tipo in prima » . « Chi » . « Quello che gioca in prima » . « Chi! » . È lo sketch più famoso di sempre, citato dai Simpson a Rain Man e oggetto di infiniti adattament­i – il più cattivo del commediogr­afo Jim Sherman, che nel 2002 scrisseHu’s on First, su George W. Bush alle prese coi nomi dei leader stranieri. Ma se Abbott e Costello rifacesser­o oggi quel successo del 1938, il primo potrebbe rispondere « Nessuno » . Oggi, quello sketch, lo farebbero sul basket, perché il baseball sta morendo. Perché i bambini non ci giocano più, nonostante abbia sfornato leggende come Babe Ruth, che se non fosse diventato il più grande giocatore di ogni tempo, sarebbe probabilme­nte diventato un criminale, ed era un donnaiolo, beveva, stramangia­va e non tirava mai la catenella del wc, ma aveva anche un grande cuore, e per tutta la vita andò a trovare, lontano dai flash, i bambini in ospedale e negli orfanotrof­i, mai dimentico della propria infanzia di stenti. Questo sport sta morendo nonostante Jackie Robinson, il primo afroameric­ano in una squadra di major league ( 1947), che amava Langston Hughes e negli Anni 60, durante le battaglie per i diritti civili, co- finanziò la Freedom National Bank di Harlem, istituzion­e finanziari­a per persone di colore, e nonostante i Lou Gehrig, Joe DiMaggio, Willie Mays e Alex Rodriguez, Mickey Mantle, Yogi Berra, Derek Jeter. A questo sport sono stati dedicati moltissimi film ( da L’idolo delle Folle, Oscar nel 1942, a Il Migliore con Robert Redford, e poi Bull Durham, L’uomo dei Sogni, Major League), ed è immortalat­o in una delle canzoni seminali degli Anni 60 (“Where have you gone, Joe DiMaggio,/ Our nation turns its lonely eyes to you”), e stava all’America più della torta di mele, tra palline autografat­e e figurine. La più rara, del 1909, di HonusWagne­r, uno dei primi giocatori a entrare nella Hall of Fame, che giocò tra il 1897 e il 1917 e vinse otto volte il titolo di miglior battitore, fu venduta nel 2007 per 2,8 milioni di dollari.

Numeri in campo. Nel 2002, ricorda il Washington Post, giocavano a baseball nove milioni di ragazzini americani tra i7 e i 17 anni. Undici anni dopo, nel 2013, quel dato era sceso di oltre il 41%, a 5,3 milioni. Come il softball, crollato, nello stesso periodo, da 5,4 a 3,2 milioni. E certo, il numero di giovani che praticano uno sport diminuisce a livello trasversal­e, ma nel baseball i giovani abbandonan­o a un’età molto minore rispetto ad altre discipline. E se i bambini non giocano a baseball, non diventano tifosi. In autunno, la prima partita dellaWorld Series è stata la meno vista della storia alla tv, con 12,2 milioni di telespetta­tori. Un numero ancora decente, considerat­o che sempre più guardano le par- par

Parabola di uno sport non più al passo coi tempi

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L’ultima stella A destra, Alex Rodriguez dei New York Yankees alla battuta contro gli Houston Astros. Nel tondo, durante un’intervista.
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