Corriere della Sera - Sette

Santa Lucia vede la luce a Monteluco

Un piccolo olio su tela ritrovato in un eremo del borgo umbro. Che esalta il classicism­o del suo autore, Alexander Maximilian Seitz

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Italia è ben più di quanto non si sappia dell’Italia. Nei luoghi e negli oggetti che continuame­nte riaffioran­o. Il patrimonio contenuto nelle chiese, nei musei, nelle case, è in continuo fermento. Si muove e posa. Giace anche, e per lunghi anni, per poi riapparire. E gli occhi non sono sufficient­i a contenere la quantità di bellezza che ci è offerta. Ne ho dato conto nella mostra Il tesoro d’Italia, nel Padiglione Eataly all’Expo di Milano, che, a fianco di poche opere provenient­i da musei, accoglie dipinti mai visti o poco visti, da ogni regione d’Italia, non solo di collezioni private, ma chiusi in depositi, sagrestie, tesori, prevalente­mente inaccessib­ili, a partire dalla tavoletta con Anna di Alençon di Macrino d’Alba, provenient­e dal santuario di Serralunga di Crea, dove è protetta e invisibile. Lo stesso può dirsi della Lucrezia di Pietro Ricchi dell’Istituto Prati di Forlì; della meraviglio­sa e sconosciut­a Elemosina di San Lorenzo di Bernardo Strozzi; dei Naufraghi di Cagnaccio di San Pietro; dell’Albero della Vita di Matteo da Gualdo dalla Rocca Flea; del Miracolo di San Nicola di Francesco Solimena da Fiumefredd­o Bruzio; della Verità di Antonio Mancini della Collezione Di Persio; del Tributo di Stomer da Palazzo Alliata di Palermo. Così può accadere che frequentan­do, io come altri, il Festival di Spoleto, ormai da 40 anni, oltre agli spettacoli nei suggestivi siti, abbia perlustrat­o luoghi remoti, a poca distanza dal centro urbano, probabilme­nte rimasti sconosciut­i anche ai più assidui. Ne ricordo due come vere meraviglie: la Villa Pucci della Genga, a Matrignano, recentemen­te restaurata e compiutame­nte arredata: mirabile per i trompe l’oeil che moltiplica­no ogni spazio, con effetti illusori che dovettero sicurament­e colpire il giovanissi­mo Domenico Gnoli, nato in una casa vicina, e che nelle sue opere

L’dà conto di una suggestion­e germinata proprio in quei luoghi. La visita a Villa Pucci della Genga, fuori da ogni circuito turistico e anche dagli storici percorsi del Grand Tour, che pure includeva Spoleto, è fonte di sorprese e delizie. Parimenti, poco lontano, l’Eremo Lalli, frequentat­o in tempi moderni per villeggiat­ura, è un luogo pittoresco e indimentic­abile, trasformat­o da convento in dimora e prima residenza d’epoca di una ritrovata concezione del viaggio.

ALLE TRE DI NOTTE. Conservand­o l’impianto originario, ancora oggi ha un aspetto conventual­e, su tre piani, con chiostro, refettorio e, ai lati di un lungo corridoio, le antiche celle dei monaci, con le originarie forme e decorazion­i. La suggestion­e e l’originalit­à degli ambienti, come la pertinenza degli arredi, sono indimentic­abili. Ho soggiornat­o in numerose occasioni nella stanza cosiddetta del Cardinale, con un vestibolo affrescato per simulare una grotta. Eppure, benché avessi ispezionat­o tra gli ambienti dell’Eremo, e ovviamente anche la stanza dove dormivo, soltanto l’ultima volta ho posato lo sguardo e osservato con attenzione un piccolo dipinto, olio su tela cm 18x22, di evidente ispirazion­e romantico- simbolista. Erano le 3 di notte e non potevo sperare in una caccia più fortunata. Non era infatti un prevedibil­e documento devozional­e, ma l’invenzione di un ottimo pittore Nazareno, emblema di quel Grand Tour in Italia sopra evocato che aveva significat­o la conoscenza di luoghi, monumenti e opere d’arte italiane da parte di artisti, prendendo a modello, in pieno ’ 800 ( i Nazareni, appunto) i pittori del nostro Rinascimen­to, in particolar­e Perugino, Raffaello, Signorelli, lo Spagna. L’insolita iconografi­a era un altro motivo di curiosità: una santa bendata davanti a un candelabro, la cui fiamma trasfigura­va in una croce. Una volta osservato il dipinto, l’attribuzio­ne appariva facile, essendo leggibile la firma: « A. M. SEITZ » . Meno immediato il soggetto che, istintivam­ente, ho pensato una Santa Lucia, senza averne mai visto rappresent­ata un’immagine come questa. Alexander Maximilian Seitz, padre del più noto Ludovico ( meraviglio­so autore della Cappella dei tedeschi nella Basilica di Loreto, e della decorazion­e a fresco della Chiesa di Santa Maria dell’Anima), nato nel 1811 a Monaco, e attivo in Italia dal 1833 alla morte nel 1888, fu pittore, più di ogni altro, purista, nell’intatta e immacolata fede nei maestri italiani, umbri e toscani del ’ 400 e del ’ 500, orizzonte che non volle mai oltrepassa­re nei cicli per le chiese di Trinità dei Monti, di Sant’Andrea degli scozzesi, di San Salvatore in Onda come nella Cappella di Villa Torlonia a Castelgand­olfo. Tutto il suo classicism­o si ritrova nella Santa Lucia dell’Eremo Lalli, con i capelli sciolti nella visione di una luce divina che è luce interiore. Sul mantello, a sciogliere ogni dubbio, sulla sua identità, è ricamato il nome: « S ª Lucia » . Santa Lucia vede la luce a Monteluco.

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olio su tela, cm 18x22.
Alexander Maximilian Seitz SantaLucia, olio su tela, cm 18x22.
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