Il Dna condanna il padre per stupro
Il padre aveva cominciato a stuprarla quando aveva solo 12 anni. Poco più grande, ha partorito il primo figlio, che il padre le ha portato via per non farglielo vedere mai più. Poi altre gravidanze interrotte. E tanta violenza. «Finché sono riuscita a impedirgli di farmi abortire», racconta questa ragazza afgana ventenne ( nella foto sotto) alla Bbc. «Volevo che ci fosse la prova di ciò che mio padre mi faceva: e del resto, come ho detto al giudice, se avessi abortito mi avrebbero potuto condannare per questo». Così si è arrivati a questa sentenza storica: perché una corte, alla fine, con l’inconfutabile prova del Dna del bimbo, ha condannato il padre. Che nel frattempo aveva continuato a violentare la giovane finché lei, con la madre, la collaborazione del mullah del villaggio e della polizia, gli ha teso una trappola e l’ha fatto arrestare. C’è voluto però un anno (e un altro parto) prima della sentenza. Ora la ragazza ha trovato rifugio negli Usa; la pena di morte attende invece il padre. Sempre che l’appello non ribalti tutto. A Shenzhen, la megalopoli di 13 milioni di abitanti che si trova nella madrepatria cinese proprio di fronte a Hong Kong, hanno realizzato una piazza-prototipo: quando piove, l’acqua passa sotto, attraverso la pavimentazione permeabile, e viene raccolta per essere poi riutilizzata, anche da bere. Changde City invece ha puntato sui “giardini della pioggia” e sui bioswales, i nuovi “canali piantumati” realizzati apposta per la raccolta e il riciclo dell’acqua pluviale. Sistemi analoghi (spesso creativi) li stanno installando anche gli altri 14 centri cinesi che fanno parte della prima tranche delle cosiddette “città-spugna” con cui il Dragone pensa di cominciare a risolvere i due problemi (opposti) provocati dall’acqua: le alluvioni e la siccità. Il concetto dell’“assorbimento” ha colpito molto lo stesso presidente Xi Jinping che l’ha inserito nel suo discorso agli urbanisti un paio di anni fa. E in Cina si sa, le parole del leader politico sono ben più che semplici suggerimenti. Le prime 16 “sponge-city” (tra cui anche Chongqing, Xiamen, Zhenjiang), nel prossimo triennio avranno a disposizione da 60 a 90 milioni di euro l’anno ciascuna per sviluppare i loro progetti. Che variano, appunto, da località a località. Anche perché le esigenze sono differenti. Spesso, comunque, i problemi nascono dal sistema fognario che non è cresciuto alla stessa velocità dell’urbanizzazione: benché la rete sia arrivata a quasi 500 mila chilometri di lunghezza, 20 volte di più del 1981, resta spesso insufficiente e favorisce gli allagamenti così come la scarsità d’acqua. Con il nuovo programma, le città-spugna arriveranno a riutilizzare fino al 70% della pioggia per destinarla a usi potabili, ma anche alla pulizia delle strade, per i serbatoi dei pompieri e per l’irrigazione del verde urbano. A Wuhan, capitale dell’Hubei ( foto), l’idea dell’amministrazione è di convogliare l’acqua nel lago locale per gestirne il livello. «Guardiamo l’acqua sempre come una potenziale causa di disastro», spiega il responsabile delle Risorse, Zhang Fei, «ora sfrutteremo ogni goccia». secoli, soprattutto dall’epoca dei colonizzatori tedeschi – potrebbe rappresentare sempre più una valida alternativa economica. Nella regione di Singida, dove questa attività è già sviluppata, sono nate parecchie cooperative (spesso al femminile). In totale, 2 milioni di tanzaniani sarebbe impiegati in questo settore. Tutti interessati a difendere la natura, fonte primaria per la loro attività. Il problema è che anche in Tanzania le api sono sotto l’attacco del varroa, l’acaro parassita che sta infettando le arnie di mezzo mondo. Secondo gli esperti, però, le api della Tanzania sarebbero più forti di quelle europee: ora, per resistere, hanno bisogno dell’aiuto dell’uomo.