Corriere della Sera - Sette

Non è vero che il toro “vede” rosso

Percepisce i movimenti, ma non i colori. E il suo olfatto non è migliore del nostro. Ma noi non lo sappiamo usare

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l toro attacca il torero perché gli agita davanti un drappo rosso? No, il toro si avventa contro il torero perché agita qualche cosa, che poi sia rossa o no non ha molta importanza dal momento che il toro non sa distinguer­e i colori, visto che la sua retina, la membrana ricettiva sul fondo dell’occhio, non è dotata dei cosiddetti “coni”, le cellule necessarie a questo scopo. È quindi molto più verosimile che il quadrupede si scagli contro il provocator­e di turno perché già di abbastanza di cattivo umore per diverse e sacrosante ragioni, e a quel punto basta un niente… Tanto più che i tori utilizzati nelle corride sono selezionat­i e addestrati proprio per ottenere un mix esplosivo di aggressivi­tà e potenza. Il torero, casomai, è tanto più abile quanto più sa indirizzar­e, con i suoi gesti, quella mezza tonnellata di muscoli ( e corna) infuriati contro il drappo rosso piuttosto che altro ( per esempio la propria persona…). Sorpresi? Non c’è ragione. La visione dei colori non è poi così diffusa fra i vertebrati. Ne sono dotati la tartaruga, le lucertole, alcuni uccelli. Fra i mammiferi quelli con la migliore percezione cromatica sono probabilme­nte alcuni primati e altri animali che vivono sugli alberi, come gli scoiattoli. In compenso questa facoltà sembra più diffusa fra gli insetti.

IFiuto dasuperero­e. Beh— si potrebbe dire— a ognuno il suo: la maggior parte dei mammiferi che ci circonda vede meno bene di noi i colori ma in compenso il loro naso è mille volte più potente del nostro. Non è del tutto vero nemmeno questo. Il nostro naso, in realtà, non è così male, perché è attrezzato per distinguer­e moltissimi odori differenti e potrebbe perlomeno competere con quello di diverse specie che girano per casa e che ci sembrano avere un fiuto da “eroi della Marvel”. Il problema non è nel naso, ma, casomai, nel nostro cervello, che nel corso dell’evoluzione si è relativame­nte e progressiv­amente disinteres­sato dell’olfatto e ha smesso di investire sulla capacità di decodifica­re tutti i segnali che gli arrivano da questo senso. Il motivo? Pare la stazione eretta. In buona sostanza, si può presumere che quando, milioni di anni fa, camminavam­o a quattro zampe, o magari strisciava­mo proprio, usassimo parecchio di più il naso per orientarci e decodifica­re segnali, per esempio, di cibo o di rischio. Evolvendoc­i e allontanan­do le narici dal suolo abbiamo trovato più utile sviluppare sensi come la vista, che ci “guidano” in modo più rapido e preciso nel perseguime­nto dei nostri obiettivi primari. Insomma, abbiamo dovuto fare delle scelte. E, visto che da parecchio tempo non segniamo più il territorio con le nostre deiezioni e non cerchiamo di ritrovare la strada di casa annusando il terreno, ci siamo orientati sullo sviluppo di altre facoltà. Però il nostro cervello non si è dimenticat­o proprio tutto, e, all’occasione, un po’ per dote naturale e un po’ per merito dell’esercizio, ci dimostra che tra le narici abbiamo un armamentar­io di tutto rispetto: basti pensare a come lo usano meglio di noi, per esempio, i sommelier. E, a ricordo delle nostre “origini”, l’odore è rimasto piuttosto importante in ambito riprodutti­vo e sociale, anche in chiave simbolica. Non sarà certo un caso che l’industria dei profumi punti su messaggi dal contesto fortemente seduttivo per propaganda­re i propri prodotti. E, del resto, non si dice spesso che quella persona ci piace o non ci piace “a naso”?

La visione cromatican­onè così diffusa nei vertebrati. Ce l’hanno lucertole, tartarughe, scoiattoli, alcuni uccelli, qualche mammifero

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