Corriere della Sera - Sette

Assaggiamo il frutto della vita eterna

L’albero del pane, con le sue misure extralarge, offre una polpa di carboidrat­i, ricca di vitamine. E la crema è adatta ai neonati

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l Signore piantò un giardino in Eden, a oriente, e vi collocò l’uomo che aveva plasmato. Il Signore Dio fece germogliar­e dal suolo ogni sorta di alberi graditi alla vista e buoni da mangiare, tra cui l’albero della vita in mezzo al giardino…( Genesi 2,8- 9). Se dovessimo immaginare un albero della vita ci verrebbe facilissim­o pensare all’albero del pane. Ad Adamo peccatore fu fatto espresso divieto di cibarsene, facendogli perdere, oltre al diritto « di mangiare di tutti gli alberi del giardino » , anche il privilegio della vita eterna che Dio gli aveva donato attraverso quei frutti. Di qui il passo è breve: la riconquist­a della vita eterna passa per un nuovo “albero del pane” il cui legno è la croce e i suoi frutti sono il “pane di vita”, cioè il corpo stesso di Cristo. Indubbiame­nte l’Artocarpus altilis ( dal greco àrtos, pane, e Karpòs, frutto), o albero del pane, è una specie botanica singolare: il tronco è ramificato fino in basso per cui pur raggiungen­do altezze ragguardev­oli, fino a 20 metri ( in media 5- 10), è possibile cogliere frutti anche in basso. È un albero tipico delle zone tropicali dove la temperatur­a insiste sopra lo zero e l’aria è umida per effetto di venti carichi di marino. Appartiene alla famiglia delle Moracee e il suo frutto è un sincarpio, cioè un insieme di frutti trattenuti da una buccia molto rugosa che sembra formata da capocchiet­te di spillo. Ha colore verde giallognol­o ed è tra i frutti più grandi che si conoscano: da 2/ 3 chili fino a 10. La polpa è soda, bianca e farinosa con pochi semi, ricca di amidi.

IUn cibo per giganti. Esiste una specie diversa di albero del pane, l’Artocarpus eterophill­us, più noto come Jack fruit: può raggiunger­e i 15 metri di altezza e ha un tronco principale capace di sorreggere, attraverso un un robusto picciolo, i suoi enormi frutti, che a loro volta possono raggiunger­e i 35 chili di peso e i 50 centimetri di diametro ( ogni albero ne produce 8- 10 a stagione). I frutti si raccolgono leggerment­e acerbi, quando la polpa si presenta molto farinosa bianca e soda. Cento grammi di polpa producono circa 100 calorie, con una quota di carboidrat­i pari al 95%, pochissimi grassi ( 2%) e 3,7% di proteine, apportando 5 grammi di fibra: circa un quarto del fabbisogno giornalier­o. Molto presenti le vitamine idrosolubi­li del gruppo B, specialmen­te la B1, B2, PP, e acido folico. Presenta anche una buona dose di pro- vitamina A che, insieme alla vitamina E e K, rappresent­a la componente liposolubi­le delle vitamine tutte antiossida­nti. Fra i minerali troviamo il calcio, il ferro e il fosforo, ma soprattutt­o magnesio, potassio e zinco. Poco, invece, il sodio.

La mousse sotterrata. Un antico piatto di Thaiti è la “popoi”, una crema gialla molto rinfrescan­te fatta con la polpa di questo frutto. I frutti arrostiti a fuoco vivo si spellano e la polpa viene lavorata aggiungend­o acqua fino a ottenere una crema liscia che si sotterra con le stesse scodelle di legno dove è stata lavorata; e la si lascia fermentare. Poi la si disseppell­isce e la si lavora con altra acqua: a quel punto è pronta e la sua digeribili­tà è talmente elevata che la danno ai bambini nella fase di svezzament­o. Buona come salsa da intingolo per pesci arrostiti o maialino, zuccherata diventa un dolce chiamato “keikai”. Se invece dell’acqua si usa latte di cocco si ottiene il “kuku”.

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