Le infamie della Grande guerra
I soldi degli immigrati veneti in Argentina non arrivarono a Caporetto
Ho letto con interesse su Sette del 19 giugno la lettera di Enrico Scifoni. Il dramma della dimenticanza italiana dei prigionieri di guerra (definiti traditori dal generale Cadorna) fu in realtà un tasto nero nella triste tastiera della Grande guerra. Le sedi della Croce Rossa austro-ungarica e germanica integrate dalla sollecitudine della Santa Sede, si erano attivate per far giungere viveri ai suddetti prigionieri, ma le iniziative furono respinte. Le affermazioni e le supposte prodezze di Gaetano Rapagnetta ebbero la precedenza sulle sofferenze dei prigionieri stessi. Tra le varie dimenticanze c’è tuttavia un’altra realtà che non si può o non si deve sapere. Le ricche colonie di emigrati veneti in Argentina avevano raccolto notevoli somme di denaro ed elevate quantità di generi alimentari destinate al milione di persone residenti nelle province occupate tramite la Santa Sede. Anche questa istanza fu respinta con il pretesto che i patti segreti di Londra escludevano il Papato da ogni azione umanitaria durante il conflitto. Le nazioni dell’Intesa si erano impegnate a sostenere l’Italia nel corrispondente orientamento negativo. La documentazione è reperibile nella corrispondenza del Nunzio Apostolico a Vienna Teodoro Valfrè di Bonzo. Nei prossimi giorni sarà pubblicato a Feltre un mio libro ( Carlo I d’Asburgo – Il Beato Re Apostolico) che chiarirà, tra l’altro, le carenze informative sulla questione di cui sopra. L’edizione spiacerà a certa scuola malata di idealità e impegnata a celebrare la battaglia di Vittorio Veneto, che non c’è mai stata. Essa esiste quanto la Elsinore nell’Amleto di Shakespeare o il palazzo di Menelao nel Faust di Goethe.
— Nerio de Carlo
Ho letto l’articolo, apparso sul numero 25 di Sette, a firma Gian Antonio Stella. Concordo quasi interamente con il contenuto. Mi permetto, tuttavia, di far notare che, laddove si cita l’aeroporto di Perugia, come esempio di spreco ( « costato un pacco di milioni per una manciata di voli al giorno » ), sarebbe forse stato preferibile, ad esempio, evidenziare quelli di Salerno e Foggia, il primo creato dal nulla, il secondo operativo anche in epoche passate, ma mai decollati. Considerati i collegamenti ferroviari da e per l’Umbria, tuttora fermi a qualche decennio fa, se si escludono quelli con la Capitale, a mio modestissimo avviso è fondamentale la presenza di un aeroporto al centro dell’Italia, al di là del traffico passeggeri, comunque in aumento, stando alle statistiche. La ringrazio per l’attenzione e porgo cordiali saluti.
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regia di Olivier Nakache e Eric Toledano