Corriere della Sera - Sette

A caccia del boss “Dom” in Romania, nella capitale delle truffe online

Il furto dei dati bancari e le false eredità: dai Carpazi parte l’attacco ai nostri risparmi. Il capo della banda prende il nome dello champagne preferito. «I pirati? Vengono reclutati nella regione e non corrono rischi»

- di Andrea Sceresini

« Gentile cliente, ha ricevuto questa mail perché, vedendo i vari accessi al suo account, abbiamo il sospetto che terzi ne facciano uso. Al fine di tutelare la vostra sicurezza, abbiamo momentanea­mente bloccato l’accesso al suo conto online. Per poter ripristina­re il servizio, le chiediamo di verificare la sua identità cliccando sul link che segue. Ci scusiamo per l’inconvenie­nte. Distinti saluti, Poste Italiane » . Il messaggio è graficamen­te ineccepibi­le: è scritto in un buon burocrates­e e proviene dal più innocuo tra i mittenti, “Poste. it”. Seguendo il link si viene rimandati a un’altra pagina, dove compare un apposito formulario che andrebbe riempito con tutti i dati del proprio conto. Milioni di italiani, ogni giorno, ricevono email di questo genere. La pratica si chiama “phishing” — una storpiatur­a del termine inglese “pescare” — ed è la truffa più diffusa del terzo millennio. Il principio di fondo è piuttosto semplice. Si parte dalla legge dei grandi numeri: i messaggi vengono inviati a valanga, in una sorta di bombardame­nto a tappeto in formato 2.0. Il falso è così perfetto da apparire autentico, ed è inevitabil­e, su migliaia di destinatar­i, che qualcuno prima o poi finisca col cascarci. Una volta ottenute le chiavi d’accesso, i truffatori entrano nel conto, prelevano il dena- ro e lo spostano rapidament­e altrove. Essi possono presentars­i sotto varie spoglie: banche, compagnie assicurati­ve, potenziali datori di lavoro, provider web, compagnie telefonich­e, siti di aste online. Col passare degli anni le tecniche si sono pian piano affinate, mentre il giro d’affari — inevitabil­mente — si è fatto sempre più massiccio. « Purtroppo il fenomeno è in continua crescitac » , racconta l’avvocato AlbertoA D’Errico, che dal 2010 amministra­a il più grosso sito italianoi dedicato all’argomento,t www. occhioalla­truffa. net. « Ogni mese il nostro portale ricever centinaia di nuove segnalazio­ni,g molte delle quali, ahimè,a restano lettera morta. AccantoA al phishing, prospera unau pratica altrettant­o insidiosa:d quella dei finti annunci commercial­i.c Funziona così: il truffatore­t mette in vendita un certoc prodotto su uno dei tanti sitis specializz­ati. Al momento did farsi pagare, utilizza un contot precedente­mente clonato, il cuic vero titolare è all’oscuro di t tutto. Appena ricevuto il denaro, lo ritira e fa perdere le proprie tracce, ovviamente senza spedire alcun prodotto. La tecnica è a dir poco impeccabil­e, senza possibili sbavature: alla povera vittima non resta che rassegnars­i » .

Ricchezze sospette. Abilità informatic­he fuori dalla norma, perseveran­za, fiuto per gli affari, conoscenza delle leggi interna- zionali: è questa— nell’epoca di Facebook e di Twitter— la formula aurea del “pacco” perfetto. « Buona parte degli hacker risiedono anche all’estero » , dice D’Errico. « Parliamo in particolar­e dei Paesi dell’Est Europa, dove le normative sono spesso inadeguate a contrastar­e efficaceme­nte il fenomeno. Talvolta sarebbero necessarie delle rogatorie internazio­nali, ma si tratta di pratiche lunghe e costose, e questo i criminali lo sanno benissimo. Perciò, almeno per ora, possono dormire sonni tranquilli » . Ma chi sono questi inafferrab­ili Arsenio Lupin del terzo millennio? La maggior parte di loro— stando alle ultime indagini internazio­nali — risiedereb­be in una ben precisa località dell’Oltenia, nella Romania del sud: la cittadina di Râmnicu Vâlcea, centomila abitanti abbarbicat­i lungo le sponde del fiume Olt, ai piedi dei Carpazi meridional­i. Era il 2011, quando le forze dell’ordine di Bucarest, con la collaboraz­ione di alcuni agenti dell’Fbi, organizzar­ono la prima retata di hacker locali, arrestando in tutto una cinquantin­a di persone. L’accusa: aver truffato online centinaia di cittadini statuniten­si, accumuland­o una refurtiva di oltre 20 milioni di dollari. È così che questo placido agglomerat­o urbano dalle grandi piazze alberate si è conquistat­o i suoi attuali soprannomi: “la Hackervill­e d’Europa”, “la Silicon Valley del crimine su Internet”. La prima cosa di cui ci si rende conto, passeggian­do per le strade di Vâlcea, è che molta gente, quaggiù, se la passa particolar­mente bene. I parcheggi sono pieni di auto di grossa cilindrata. In una zona di periferia è stato aperto un immenso concession­ario della

Il leader del gruppo che opera su Internet, Nicolae Popescu, è nella lista deimost wanted dell’Fbi: la taglia è di un milione di dollari

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