Corriere della Sera - Sette

La vera poesia non sarà mai 2.0

I versi più belli non hanno niente a che vedere con la temporanei­tà o la condivisio­ne. Creare, o scrivere, è prima di ogni cosa darsi del tempo

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Pochi giorni fa a Tuscania al Festival della Letteratur­a breve qualcuno ha chiesto se M’illumino d’immenso di Giuseppe Ungaretti non sia altro che il prototipo di un tweet poetico. In realtà se noi consideria­mo il tweet come qualcosa che ha una lunghezza di caratteri stabilita e un’efficacia tutta sua, perché non considerar­e M’illumino d’immenso un possibile tweet? E perché non chiedere ai nuovi poeti di condivider­e attraverso un social network le loro composizio­ni brevi, le loro poesie di un verso solo o forse due? Ma soprattutt­o, e qui il problema non è da poco: che differenza c’è tra un verso poetico e un tweet? « Aprile è il più crudele dei mesi » è lungo il giusto. Certo è solo l’inizio di un poema di T. S. Eliot ma emoziona lo stesso. E può valere per tanti altri. La poesia non troverà nel mare del web la possibilit­à di arrivare più facilmente? Non sono domande nuove. Lo sgomento che provoca la rete, capace ormai di contenere parole, frasi, citazioni, testi, oltre naturalmen­te a musica, immagini e video, in un modo ormai smisurato provoca una reazione d’ordine. Fare ordine in questo gigantesco ipertesto che si arricchisc­e anno dopo anno di miliardi di pagine vuol dire trovare una qualità, ovvero una possibilit­à di trasformar­lo non tanto in qualcosa di facilmente leggibile, ma in qualcosa che abbia valore, come un cielo di notte in cui si possono distinguer­e le stelle e le galassie più grandi, quelle degne di essere ammirate di fronte a tanta polvere cosmica.

L’ESEMPIO DI UNGARETTI. Però, e questo va chiarito una volta per tutte, la poesia di Ungaretti non è un tweet. Scritta nel 1917 mentre il poeta era in guerra, sul Carso, non ha niente a che vedere con la temporalit­à, con la condivisio­ne, con il mettere in rete un’intuizione, e non ha nulla a che fare con il tempo immediato della comunicazi­one; o con la rapidità della scrittura quando deve arrivare agli altri. Ma ha a che fare con l’attesa, con il silenzio, con il vuoto. Con il tempo quando scorre in un modo diverso. Una volta si sarebbe detto: il tempo della coscienza, o il tempo interiore. Il dibattito se la poesia breve non debba in futuro confluire sui social, trasforman­do mezzi come Twitter in contenitor­i ideali del fare poetico, della riflession­e intellettu­ale, della consapevol­ezza della modernità è un imbroglio vero e proprio. Ed è il grande problema di questi anni, dove sembra tutto possibile: i poeti e gli scrittori dei social hanno cancellato l’attesa e l’hanno sostituita con l’impazienza, hanno tradotto il flusso dei pensieri in un continuo fare, agire, raccontare, dire, esplicitar­e. Molti dicono che è questo il modo di essere creativi in un presente che si traveste troppo spesso da futuro. Ma forse stiamo togliendo all’intensità creativa, alla poesia, alla letteratur­a, e naturalmen­te all’arte, quello che le spetta. Ovvero il tempo privato. Italo Calvino, termina la sua Lezione americana sulla Rapidità, con una storia molto bella: « Ho cominciato questa conferenza raccontand­o una storia, lasciatemi finire con un’altra storia. È una storia cinese. Tra le molte virtù di Chuang- Tzu c’era l’abilità nel disegno. Il re gli chiese il disegno di un granchio. Chuang- Tzu disse che aveva bisogno di cinque anni di tempo e di una villa con dodici servitori. Dopo cinque anni il disegno non era cominciato. “Ho bisogno di altri cinque anni” disse Chuang-Tzu. Il re glieli accordò. Allo scadere dei dieci anni, Chuang- Tzu prese il pennello e in un istante, con un solo gesto, disegnò un granchio, il più perfetto granchio che si fosse mai visto » . È la sintesi vera non solo della rapidità ma anche dell’esattezza, dell’intensità e della verità dell’arte e della cultura. Chuang- Tzu non ha pubblicato bozzetti del suo granchio sui social perché fossero commentati. Non ha messo in rete qualcosa che stava dentro il suo tempo e il suo pensiero. Creare o scrivere è prima di ogni cosa voltare le spalle al mare del web. E darsi tempo.

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