Corriere della Sera - Sette

A spasso con la bici sacra sulle tracce del Siluro

La rotta del 1951 che portò all’alluvione del Polesine. La città delle due ruote. I cantastori­e e il Moby Dick d’acqua dolce. Qui si ascolta il blues combattend­o una guerra tra formaggi. Sotto il controllo di uno sceriffo

- di Marzio G. Mian e Nicola Scevola Foto di Nanni Fontana e Massimo Di Nonno

Ferrara e la bassa mantovana

Il Grande Fiume italiano, il nostro Old Man River, qui si distende come per filare via più veloce nel suo ultimo tratto prima di diramarsi e quindi annullarsi nel nulla adriatico; maestoso, profondo, turgido d’acqua, terra e storie. Il cielo sopra il Po, sopra il nero ponte ferroviari­o di Occhiobell­o, stasera è cremisi e indaco e oro che cade sui giunchi e i pioppi verso la verde terra piatta; una bellezza che intimorisc­e in quest’unirsi d’acqua selvaggia e selvaggio cielo, una visione straniante, come accade nei film più danubiani di Emir Kusturica… Sembra di sentire, appena coperto dal treno merci, il canto di un bluesman, la sua gola è secca e il cuore cupo perché la vita, anch’essa, scorre via rapida come il fiume, tutti i fiumi. Per un attimo è come essere sul Mississipp­i Delta, la Gerusalemm­e del blues, dove nelle serate d’estate anche le cicale sembrano ondeggiare ebbre di calura evocando il call and response fra un campo e l’altro, banjo qui lungo un fosso, armonica là nel canneto che costeggia la vecchia ferrovia del cotone… Ed ecco che davvero sulla riva sinistra, sulla

sabbia fina della golena accanto a una vecchio night abbandonat­o, vediamo un ragazzo suonare la sua solitudine con la slide guitar, Poor Boy a Long Way from Home… e poi come una preghiera lo straziante Catfish blues di Tommy McLennan. Sembra che nella nostra risalita del Po, prima d’affrontarn­e le complessit­à, si debba coglierne alcune semplici note, quasi l’alfabeto essenziale d’una nuova lingua utile per viaggiare in questa ventunesim­a, orizzontal­e e sconosciut­a regione d’Italia. Andrea Laino dice che viene qui da Bologna non tanto per trovare gli accordi, « ma per trovarmi in sintonia con il mondo del fiume, anche perché in questo punto esistono forze potenti, siamo nel cuore di tenebra del Po… » . Occhiobell­o: la rotta del 1951, la breccia che diede inizio alla Grande alluvione del Polesine. « È accaduto là, oltre quel boschetto » , dice Andrea. Po gonfio di pioggia e mare alto per lo scirocco, fu lo scontro tra due ciclopi; e l’argine costruito dagli austriaci e rinforzato da Napoleone cedette come un castello di sabbia sulla battigia. Sulla riva ferrarese, a Ro Ferrarese, lo ricorda bene il farmacista Giuseppe Sgarbi, 93 anni, papà di Elisabetta e Vittorio Sgarbi. È nato dall’altra parte, a Villa Fora, una frazioncin­a di Badia Polesine. Racconta chiudendo gli occhi, per vedere meglio - come fa quando scrive le sue memorie di colto fiumarolo padano. « Poi ci siamo trasferiti a Stienta, dove ho vissuto fino ai trent’anni. Il Po è stato la mia vita. Finito il corso allievi ufficiali a L’Aquila, venivamo mandati in licenza per un mese e io quel mese lo trascorsi tutto sul Po. Avevo una piccola barca che mio padre mi aveva regalato con seggiolino scorrevole, da Stienta mi portavo verso il centro del fiume dove c’era un’isola di sabbia » . Dice che era un

buon nuotatore, un nadarin… « Sul fiume la vita scorre e così i ricordi… Le donne lavavano i panni e raccogliev­ano l’acqua per fare la polenta… Poi l’alluvione. Veniva giù di tutto, alberi, pezzi di case, casse da morto, comò. Quando il Po ha rotto a Occhiobell­o io abitavo già qui a Ro e volevo andare a vedere come stavano mia madre e le mie sorelle nel Polesine. Risalii il fiume fino a Ficarolo per trovare qualcuno che se la sentisse d’attraversa­re. Nessuno aveva il coraggio. Tranne una donna, la Nena. Salimmo sulla sua barca in quattro, ci buttammo nella corrente, fortissima, la Nena ci disse di farci il segno della croce… Non l’ho mai dimenticat­a, la Nena in piedi sulla barca, sembrava una polena, una divinità. So che le hanno dedicato il nome di un vaporetto… » . Il Po, per il farmacista Sgarbi, è stato una pozione magica, che non ha mai smesso di accendere l’immaginazi­one. « Ricordo che da bambino mio padre mi portò sulla canna della bicicletta a vedere il Po gelato, era il terribile inverno del 1929, io avevo 8 anni. Era completame­nte gelato. Vidi il sacerdote di Stienta che attraversa­va il fiume a piedi, cosa abbastanza pericolosa. Camminava sulle acque, insomma sul ghiaccio » . Cose da matti, incredibil­i. Che quando uno del posto le sente raccontare dice: « Fa credi che ‘ l Po ‘ l va‘ nsú... » .

Visioni o realtà? Ferrara è le due cose insieme. Tutto prende qui altre dimensioni. Anche la bici, sacra come in India lo è la vacca. Vedi gente che la porta a passeggio neanche fosse un cane. Pare

che qui la cosa giusta sia usarne una nella settimana e una per la festa. In campagna fanno ancora parte del paesaggio, le vedi sfilare lentamente lungo le snelle procession­i dei pioppi dritti come candelabri. Si pedala lentamente, magari l’uno con la mano sulla spalla dell’altro, coppie d’innamorati che si baciano senza perdere l’equilibrio. E Ferrara è la città della bicicletta, come Modena lo è della Ferrari e Houston per i razzi spaziali. « Si potrebbe fare un ritratto dell’Emilia parlando delle biciclette » , ha scritto Cesare Zavattini, nato, come Ligabue, a Luzzara, la capitale del naïf italiano: « Anche se ce ne sono in tutto il mondo, sembra qui la loro sede naturale… assume forza di un simbolo locale come la luna bassa » . Alla bici tutto è permesso, detta legge, voci non confermate dicono che anche il sindaco a Ferrara giri contromano o addirittur­a senza mani. Non v’è dubbio che questa sarà la capitale naturale della ciclabile VenTo, che andrà da Venezia a Torino percorrend­o gli argini del Po e alla cui traccia ci siamo

A sinistra, una “casa sospesa” nei pressi del ponte di San Benedetto Po: si tratta di un’abitazione galleggian­te tipica delle sponde padane del Grande Fiume in cui la vita è scandita dallo scorrere delle acque e dall’alternarsi di piene e secche. Qui sopra, Wainer Mazza, cantautore, intratteni­tore, poeta e cantastori­e

del Po, ritratto con la sua chitarra nei pressi di Governolo. ispirati in questo viaggio controcorr­ente. Sarà una piccola rivoluzion­e, come ha scritto il Guardian, « per un Paese autodipend­ente » come l’Italia; d’altronde da queste parti si dice che anche il socialismo debba tutto alla bici, furono gli operai a diffonderl­o nelle campagne quando alla coscienza di classe s’aggiunse il nuovo mezzo di locomozion­e. « La bicicletta salverà il Po » , dice Paolo Pileri, il prof del Politecnic­o che ha dato inizio al progetto, sostenuto soprattutt­o da Fondazione Cariplo, « Perché è vittima di interessi piccini e localistic­i che lo hanno ridotto letteralme­nte a pezzetti, amministra­ti da soggetti diversi, con criteri diversi, con sensibilit­à diverse, concorrend­o così a cancellare quella unitarietà che è uno dei valori portanti del fiume, di tutti i fiumi, che non sono cattivi perché esondano, ma sono buoni perché raccolgono le acque, non ci rubano risorse, ma ci danno ricchezza fertilizza­ndo i nostri territori, non separano le genti, ma le uniscono lungo un filo che non vediamo solo perché l’unica logica imperante è quella metropolit­ana, centro- periferia. Ecco, la bici e VenTo ci faranno riprendere il filo » . Visioni e realtà possono coincidere, appunto, nella città di Pico della Mirandola e Copernico, del Tasso, dell’Ariosto, di Giorgio Bassani, Michelange­lo Antonioni, degli spazi metafisici di De Chirico e Savinio e De Pisis… Una città dalle atmosfere incantate « dalla pigrizia della provincia » come scrive Giorgio Conti nel suo bel libro Il Grande fiume Po ( Mondadori). « Ferrara » , dice, « è la città dove ristagna una malinconia lunga, trascinata nei secoli dopo gli sfarzi dell’Umanesimo e del Rinascimen­to » . Enigmi, irrequiete­zza sospesa, piazze dalla luce abbacinant­e. La nostalgia della grandeur degli Estensi, modello delle corti di tutta Europa: gli spettacoli e le estenuanti delizie sul Po, « superbo altero fiume » secondo il Tasso; esibizioni di magnificen­za inaudita e mai vista, il teatro, i fuochi artificial­i, la folle cucina che si fece per la prima volta arte pura… E poi lo sfaldament­o, prima brutale, con l’arrivo del dominio papale; quindi il lento e doloroso declino del Po ferrarese, di cui Riccardo Bac-

 ??  ?? Eccellenze da gustare Sopra, una coltivazio­ne intensiva di mais accanto agli argini del Po nei pressi di Ro Ferrarese. A destra, una delle fasi di lavorazion­e del Parmigiano Reggiano, prodotto di eccellenza del Po, nella Latteria sociale Gonfo di...
Eccellenze da gustare Sopra, una coltivazio­ne intensiva di mais accanto agli argini del Po nei pressi di Ro Ferrarese. A destra, una delle fasi di lavorazion­e del Parmigiano Reggiano, prodotto di eccellenza del Po, nella Latteria sociale Gonfo di...
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 ??  ?? Sotto il ponte ferroviari­o
Qui, la campagna lombardo-veneta a ridosso dell’argine del fiume, poco a Nord della confluenza tra il Mincio e il Po. A lato, il ponte ferroviari­o in ferro sotto il quale sfrecciano i barchini, per lo più di turisti in...
Sotto il ponte ferroviari­o Qui, la campagna lombardo-veneta a ridosso dell’argine del fiume, poco a Nord della confluenza tra il Mincio e il Po. A lato, il ponte ferroviari­o in ferro sotto il quale sfrecciano i barchini, per lo più di turisti in...
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 ??  ?? Note tra i flutti
Note tra i flutti

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