Quell’Adone tricolore volato troppo lontano
Un conto è spostare i capolavori per mostre originali e pedagogiche. Altro è sradicarli dal contesto o venderli per fini commerciali
Ai Tomaso Montanari, ai Francesco Caglioti, agli Andrea De Marchi, ai Giovanni Romano, ai Daniele Benati che hanno messo in discussione il mio impegno storico nella tutela del patrimonio artistico in relazione allo spostamento di opere d’arte, dico che la misura è colma. Ogni mia mostra, ogni mia azione, ogni mia impresa per la valorizzazione del patrimonio artistico è studiata e concordata con la Direzione generale per le belle arti e il paesaggio del ministero dei Beni Culturali. E la bellissima mostra, ricca di sconosciuti capolavori, realizzata con fondi interamente privati all’Expo di Milano, è aperta gratuitamente al pubblico per volontà di Oscar Farinetti, con evidenti finalità pedagogiche ( mentre le mostre commerciali hanno l’ingresso a pagamento), ed è stata inaugurata da Francesco Scoppola, direttore generale, e dal ministro Franceschini, che ne hanno verificato il rigore e il rispetto di ogni regola stabilita dal Codice dei beni culturali. Ma chi si fa paladino della tutela e della conservazione del patrimonio culturale nazionale, come Tomaso Montanari, che ha denunciato lo spostamento di uno dei due busti di Scipione Borghese del Bernini dalla Galleria Borghese a Palazzo Cipolla, per la utile mostra sul barocco romano voluta da Emmanuele Emanuele, dovrebbe spiegarci perché abbia fatto venire il busto di Costanza Bonarelli, opera fondamentale del Museo del Bargello a Firenze, alla inutile e disertata mostra su Bernini pittore in Palazzo Barberini a Roma. E proprio il busto di Scipione Borghese da Roma al Bargello. E persino da Modena a Firenze il Ritratto di Francesco I D’este del Velázquez. Si tratta, per assoluti capolavori, di un evidente sradicamento selvaggio dal contesto delle opere d’arte, considerate alla stregua di meri prodotti da commercializzare.
Quel dubbio sul soggetto. Chi critica mostre di sicuro valore pedagogico, spesso per far conoscere un patrimonio nascosto e invisibile, contribuisce alla vendita all’estero a musei stranieri di capolavori dell’arte italiana. È il caso di Tomaso Montanari che ha prestato il suo ingegno per studiare un’importantissima scultura, già attribuita a Bernini, venduta per qualche milione di euro al Metropolitan Museum di New York. La meravigliosa opera in questione, è l’Adone di Antonio Corradini, posto in vendita, nel 2013, con un catalogo commerciale edito da A. Butterfield, tra le più notevoli dello scultore che ha lavorato in uno dei più celebri monumenti italiani della scultura barocca italiana, la Cappella Sansevero di Napoli. In verità Montanari ha riconosciuto l’autore, e non il soggetto, scambiandolo con un Endimione, ma non avendo dubbi di essere di fronte a un « Antonio Corradini’s Rediscovered Masterpièce » . È stato confutato da Andrea Bacchi e Simone Guerriero, che hanno identificato l’importantissima scultura con quella vista nel
Chi critica le esposizioni “educative” che spesso svelano patrimoni nascosti, contribuisce alla vendita all’estero amusei stranieri di meraviglie italiane
suo viaggio in Italia, tra l’agosto e il settembre del 1728, dal barone di Montesquieu: « C’è uno scultore, oggi, a Venezia, chiamato Corradino, veneziano, che ha fatto un Adone, che è unadelle cose più belle che si possono vedere: direste che il marmo è carne; una delle braccia cade negligentemente come se non fosse sostenuta da niente » . Tra i luoghi che Montesquieu certamente vide c’è Palazzo Sagredo, dove è appunto ricordato negli inventari, nella “Gallaria dei quadri”, fra Strozzi, Guercino, Salvator Rosa, l’Adone del Corradini. Francis Haskell, studioso del collezionismo, e che venne anche nella mia casa a Ferrara a studiare un dipinto appartenuto ad Antonio Conti ( amico di Montesquieu), indicò Zaccaria Sagredo come uno dei più note- voli mecenati e collezionisti della Venezia del primo Settecento. Nel suo testamento, nel 1729, Zaccaria aveva raccomandato di salvaguardare la collezione conservata nel Palazzo di famiglia a Santa Sofia.
Scambio di persona. Non sembra che Montanari ne abbia tenuto gran conto. Comunque non risulta che, prima della vendita in America, la meravigliosa scultura del Corradini sia stata segnalata per l’acquisto allo Stato italiano, che pure disponeva di fondi. Nel periodo in cui l’opera ritrovata del Corradini è stata venduta al Metropolitan, ministro dei Beni Culturali era Massimo Bray. Il dubbio che l’opera sia stata esportata abusivamente è in una grave imprecisione sulla sua provenienza recente, dopo quella storica veneziana. Il catalogo, curato da Montanari, indica infatti il nome di Ottavio Fabbri, con la impertinente data 1950, quando Ottavio, mio buon amico, era bambino. Infatti, la scultura di Corradini apparteneva a suo padre Dino, uno dei due fratelli Fabbri, fondatori della casa editrice dei Maestri del colore. Dino era un uomo straordinario, un grande collezionista, amico di Longhi e di Zeri, e viveva in Costa Azzurra circondato da opere di ogni provenienza. Suo fratello Giovanni fu al centro di una clamorosa vicenda giudiziaria: un camion pieno di capolavori d’arte, senza regolare permesso di esportazione, fu fermato alla frontiera, durante le indagini sulla P2. Il rigoroso Montanari ha verificato la provenienza del Corradini? E perché non ha tentato di farlo tornare in Italia? Un buon acquisto per rimediare a quello sbagliato del Crocefisso attribuito a Michelangelo, e pagato 3 milioni e 200 mila euro. « Cattiva scelta » , ha scritto Montanari, che giudica invece il Corradini un capolavoro. Perfetto per i musei veneziani. Invece, il buon Corradini è volato a New York. Nel silenzio complice di moralisti firmatari contro lo spostamento di opere d’arte.
press@vittoriosgarbi.it
Racconta Montesquieu: « È una delle cose più belle che si possono
vedere: direste che il marmo è carne; una delle braccia cade negligentemente comese non fosse sostenuta da niente »