Finita la guerra, le lettere arrivano da fronti sparsi
Si scrive dalle Argonne, ma anche dalla Siberia e dalla Manciuria. Piccoli gruppi di soldati combattono all’estero e attraverso la corrispondenza hanno l’unica opportunità di tenersi in contatto con la famiglia di origine
La guerra finì ma non cessarono le corrispondenze che collegavano alla madrepatria militari italiani impegnati su fronti lontani o lontanissimi. Del resto, era già successo il contrario, ovvero lo scambio di lettere fra connazionali combattenti e le rispettive famiglie prima ancora che il nostro Paese entrasse in guerra. In particolare si tratta dei volontari garibaldini che fin dal 1914 si erano aggregati all’esercito francese per fronteggiare l’esercito tedesco. Non furono pochi: fin dall’agosto 1914, quasi cinquemila connazionali andarono a comporre il “IV Reggimento di marcia garibaldino del I Straniero” — questa è la definizione con cui erano indicati dal Comando transalpino — sotto il comando di Peppino Garibaldi ( il nipote dell’eroe dei due mondi; si arruolarono anche altri membri della famiglia: due, Bruno e Costante, furono uccisi). Il reggimento conobbe il battesimo del fuoco nel dicembre 1914 sul fronte delle Argonne, a ovest di una località che verrà sanguinosamente consacrata dal conflitto: Verdun. La corrispondenza della “legione delle Argonne” — come è più conosciuta da noi — era sbrigata dalla posta militare francese: anche se, formalmente, queste cartoline non godessero, all’inizio, di alcuna franchigia, spesso furono recapitate in esenzione di tassa.
Microeserciti. Ben più complessi, invece, i contatti epistolari fra un paio di piccoli raggruppamenti militari italiani che operarono in Estremo Oriente anche oltre la fine del conflitto. Il primo è il Corpo di Spedizione in Murmania ( la regione all’estremità della Siberia il cui capoluogo è Murmansk). Per la corrispondenza di queste truppe — circa 1.350 uomini, impegnati dapprima contro i tedeschi poi contro i bolscevichi — fu addirittura emessa una circolare ( la 89062) da parte dell’Intendenza Generale in data 17 agosto 1918. L’altro microesercito è quello della cosiddetta Legione Redenta, organizzata dalla Concessione Italiana di Tientsin con ex- prigionieri di guerra austro- ungarici ma di etnia italiana ( in complesso furono oltre 2.000 uomini) sotto la guida di un maggiore dei Carabinieri Reali. Equipaggiati con divise giapponesi corredate coi cappelli da alpino combatterono in Manciuria lungo la ferrovia transiberiana che gli alleati occidentali volevano tenere aperta per approvvigionare i “bianchi” contro i “rossi” bolscevichi. Al piccolo contingente si aggiunse, in seguito, un ulteriore gruppo di dalmati italiani originari di Zara che provenivano dai campi di prigionia in Siberia. La Legione fu impegnata in combattimenti fino a metà del 1919 e rientrò in Italia soltanto a 1920 avanzato.