Corriere della Sera - Sette

Sull’isola svedese di Runmarö con Fredrik Sjöberg, che con un retino in mano colleziona insetti come fossero opere d’arte.

Nella sua casa convivono timide mosche e artisti dimenticat­i. Agile come un tennista, vive con lentezza. A Sette racconta come la sua passione per la natura si è trasformat­a in un successo letterario

- Testo e foto di Luca Bergamin

Il collezioni­sta di sirfidi e di copie vendute in libreria ( 150 mila tra Europa, Stati Uniti, Canada; in Italia in poche settimane L’Arte di colleziona­re mosche, edito da Iperborea, ha superato le 40 mila unità e presto dovrebbe uscire anche in Giappone e Cina), Fredrik Sjöberg, ci accoglie in sella al suo flakmoped sul molo dell’isola di Runmarö illuminato dalla luce infinita dell’estate svedese. Appena sbarcato da Madam, il battello che salpa ogni ora dal pontile di Stavsnäs, nella parte nord occidental­e dell’Arcipelago di Stoccolma, 30 miglia marine a est della capitale, a un’ora di autobus dalla centraliss­ima fermata di Slussen, lo riconosco dal retino. Lo scrittore, biologo, entomologo, appassiona­to di arte — « se devo scegliere una definizion­e per me, direi bottonolog­o, colui che cataloga in modo completo tutto quanto di artisticam­ente futile può trovare nella sua isola » — non se ne separerà praticamen­te mai durante questi tre giorni in cui ha concesso in esclusiva mondiale a Sette di andare con lui, e con lentezza, a ca accia di mosche, storie e massime di vita in n questo eden di pini, foreste di betulle, ta appeti di fiori di lupinus, laghi cristallin­i, p piccole spiagge scolpite nel granito, dent tro il Mar Baltico. M Mi fa accomodare sul portapacch­i anter riore dell’unico mezzo di locomozion­e u utilizzato sull’isola ( « Comunqueno­n poss seggo un’automobile, ho preso la patente dopo i 40 anni e guido occasional­mente solo quella di mia madre novantenne quando la vado a trovare a Västervik — significa “Baia nell’Ovest” —, la città in cui sono nato 57 anni fa e di cui, insieme al tennista Stefan Edberg, vincitore di sei titoli del Grande Slam, sono la celebrità; scherzo… » ) , dove è posizionat­o un comodo cuscino. Guardati a vista da un’alce apparentem­ente mansueta, sfrecciamo tra cerbiatti accovaccia­ti su di un materasso di erba, vecchi pescherecc­i smangiucch­iati dal vento e dal tempo parcheggia­ti ai bordi della strada, e lunghe file di solitarie cassette della posta coi nomi dei proprietar­i dipinti a mano. Anche se siamo accecati dalla luce dell’estate boreale, dopo aver sfiorato la minuscola scuola di Runmarö, col cimitero comunale situato proprio nel cortile, e poco più avanti un campo da tennis in cui le linee dei rettangoli di battuta sono tracciate dalle orchidee selvagge, riusciamo a inforcare il vialetto che conduce al suo cottage in legno fermandoci appena in tempo prima di finire contro le assi accatastat­e: Fredrik, fuggito dal lavoro di trovarobe al Kungliga Dramatiska Teatern di Stoccolma — « in uno spettacolo interveniv­a in scena una vera pecora che io poi avevo il compito di ricondurre alla stalla: la portavo col guinzaglio per le vie della città » — , ha scelto di vivere qui dal 1986 insieme alla moglie artista Johanna Röjgård ( realizza libri fatti a mano in edizione unica, e io dormirò nel lettino posizionat­o proprio tra le antiche presse torchio in ghisa perfettame­nte funzionant­i, resistendo con grande difficoltà alla tentazione notturna di allentare la presa per sco-

prire qual è il volume di Strindberg che Johanna adesso sta restaurand­o) e di crescere qui i loro tre figli. Insieme alle “sue” mosche.

Un sogno dopo l’altro. Il retino ha un posto di rilievo: appena entrati nel cot- tage, viene religiosam­ente attaccato a u un gancio nel piccolo museo d’arte di casa Sjöberg, vicino a un quadro di Anton Dich. « Io in realtà più che uno scrittore sono un coll lezionista d’arte! » , sbotta il padrone di casa int ercettando il mio stupore, « più che scrivere preferisco raccoglier­e le storie di artisti dimenticat­i e poi cerco di acquistare anche i loro quadri, perché nel frattempo, durante il periodo della ricerca, sono diventati un po’ miei amici. E, perché no, magari grazie anche alla riscoperta letteraria si rivalutano pure. L’ultimo mio libro pubblicato in lingua svedese si intitola Sorelle come il quadro che lei sta guardando adesso, dipinto appunto da Dich che era molto amico di Amedeo Modigliani. L’ho acquistato per pochi euro, poi sono andato a caccia delle discendent­i delle sorelle raffigurat­e, e ho… acchiappat­o le loro figlie. Un po’ come faccio con le mosche. Andiamo nello studio così le faccio vedere una cosa » . Tra un pavone imbalsamat­o, un gufo impagliato, le panoramich­e di paesaggi portuali e urbani in bianco e nero scattati da Ingvar, il padre fotografo — « Aveva uno stile alla Cartier Bresson. Ho provato in gioventù a seguirne le orme, mi appassiona­vano i ritratti, ma ero troppo timido, non avevo la faccia tosta necessaria per balzare d’improvviso davanti alle persone e fotografar­le » — bottiglie di liquore, calici in argento, ecco il primo… “scoop”: appeso alla parete c’è la copia del falso Rembrandt di cui Renè Malaise — l’avventuros­o naturalist­a, scienziato, inventore della micidiale trappola per sirfidi che anche Sjöberg è riuscito a far arrivare a Runmarö vincendo l’iniziale diffidenza dei doganieri svedesi incapaci di capire cosa mai si celasse nell’enorme involucro che la conteneva ( « mi dispiace deluderla, ma oramai è ridotta in mille pezzi e purtroppo non posso mostrargli­ela » ) , alter ego dell’autore nel romanzo edito da Iperborea — venne rocamboles­camente in possesso, come è raccontato in L’Arte di colleziona­rezionare mosche.mosche « MalaiseM raccogliev­a quadri come faceva coi sirfidi. Prima con eccitazion­e e con un’acutezza di sensi senza egualie andava alla ricerca degli i esemplari mancanti alla sua a collezione » , spiega Sjöbe erg, « poi giunto a casa, li studiavas esaminando le ginocchia delle figure dipinte, ogni minima ruga, le dita, i nasi, le orecchie, insomma qualsiasi dettaglio anatomico come si fa con gli insetti al microscopi­o. Per me colleziona­ren mosche ha a che fare c on l’arte della limitazion­e. Ne el mondo ne esistono 4.424 spec cie, 368 in Svezia, io sono arrivat to a 210, 8 in più rispetto a quelle de el libro: per me è un trionfo, perché m mi consentono di avere il controllo su qu ualcosa, anche se apparentem­ente insignific­ante e sconclusio­nato, per quanto effimero e sfuggente possa essere. Mi hanno permesso di trovare il mio personale ambito di competenza a grandezza naturale, nei limiti, anche fisici,

« Nel mondo ci sono 4.424 specie dimosche, di cui 368 in Svezia. Io sono arrivato ad averne 210: permequest­o è un trionfo »

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 ??  ?? Solo tra fiori, scarabei e farfalle A sinistra, Fredrik Sjöberg con il suo retino tra i fiori di lupinus. Qui sopra, la collezione di scarabei e farfalle dello scrittore. In alto, il villaggio di Gotan. Sotto, la copertina de L’Arte di colleziona­re...
Solo tra fiori, scarabei e farfalle A sinistra, Fredrik Sjöberg con il suo retino tra i fiori di lupinus. Qui sopra, la collezione di scarabei e farfalle dello scrittore. In alto, il villaggio di Gotan. Sotto, la copertina de L’Arte di colleziona­re...
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Un lavoro di precisione e pazienza A sinistra, l’estrazione di un esemplare dalla boccetta di vetro utilizzata per la conservazi­one degli insetti. Nel tondo, una mosca in primo piano, tra le dita dello scrittore-entomologo.

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