Sangue e indizi nascosti tra i fiordi
I gialli di Mankell&Co. smontano il mito della Svezia-paradiso
Henning Mankell ha tutte le carte in regola per permettersi di utilizzare le prime dodici pagine del suo libro, L’uomo inquieto, come semplice preambolo. Non ha bisogno di chiedere scusa o spiegare tantissime cose al lettore. Le sue sono vere e proprie partenze a strappo. Apparentemente lontane dalla storia principale. Che in realtà inizia poco dopo, così: « Al compimento del cinquantacinquesimo anno, Kurt Wallander, con sua grande sorpresa, riuscì a realizzare un sogno che aveva portato dentro di sé per molto tempo » . Allo stesso modo delle prime dodici pagine del libro — seconda uscita della collana “Giallo Svezia”, in edicola con il Corriere della Sera e La Gazzetta dello Sport dal prossimo 6 agosto a 7,90 euro, escluso il costo del quotidiano — anche la figura del commissario di polizia, Wallander, è presentata “a strappo”. Il motivo? Tutti gli investigatori sono dei tipi un po’ burberi, dallo sguardo duro e di poche parole. Ci aiuta anche la faccia dell’attore Kenneth Branagh, interprete di Wallander in una celebre e recente fiction televisiva, a farci un’idea del personaggio. Ma siamo proprio sicuri che l’intento di Mankell, quel suo mododi presentarci personaggi e situazioni, sia proprio quello di non fare sconti a nessuno? A sentire ciò che lo stesso Mankell, l’autore svedese più tradotto nel mondo dopo Stieg Larsson, pensa del suo Wallander, verrebbe più di un sospetto: « Se devo trovare dei punti di contatto tra me e il commissario, direi che ad entrambi piace lavorare molto, che abbiamo la stessa età, e che siamo appassionati di Opera lirica » . Tutto qui? Niente affatto. Il mondo dei gialli è affascinante proprio per le sue infinite sfumature. E il commissario della città di Ystad non fa certo eccezione. Perché da quelle parti, dove noi lettori, così distanti dalle latitudini scandinave, immaginiamo che le giornate trascorrano tranquille e senza affanni, il delitto regna sovrano. « L’idea che i Paesi scandinavi siano un paradiso, con uno Stato sociale che funziona, è un mito: da dove venga questa idea di paradiso? Sicuramente non da noi » , ha ricordato lo stesso Mankell, un po’ sornione, intervistato in Italia poco più di un anno fa, dopo aver ricevuto il premio Raymond Chandler al Courmayeur Noir Festival.
Solitudine “alla Bergman”. E ha ragione da vendere, Mankell, nato sessantasette anni fa a Stoccolma. Il romanzo giallo, tra noir e poliziesco, esplode in Svezia già a partire dagli anni Sessanta con il delitto al centro del racconto nella serie del commissario Martin Beck di Stoccolma, scritta dalla coppia Maj Sjöwall- PerWahlöö. Poi, sarà la volta dei grandi nomi, quelli della seconda o terza generazione del giallo scandinavo e tutti presenti nella collana del Corriere: da Mankell, appunto, alla Camilla Läckberg— il cui La principessa di ghiaccio è da ieri in edicola — da Leif GW Persson a Stieg Larsson, al quale spetta chiudere i quindici romanzi di Giallo Svezia. Il bello di questa traccia del mistero tra fiordi e metropoli, lasciata nel bel mezzo del secolo scorso dalla coppia Maj Sjöwall-Per Wahlöö, è che ciascun autore è diverso dall’altro. Mankell, per esempio, è abilissimo nel descrivere la solitudine del protagonista, Wallander. Una solitudine poco rumorosa, ma che fa male profondamente, giorno dopo giorno. Non a caso, le pagine de L’uomo inquieto — giocato intorno alla scomparsa di Håkan von Enke, ex ufficiale di marina e prossimo suocero dello stesso KurtWallander — ricordano moltissimo le riflessioni sul senso dell’esistenza umana descritte nel cinema dal regista Ingmar Bergman, del quale Mankell ha sposato la figlia. Corsi e ricorsi della vita. Tra delitti, realtà e immaginazione.