Corriere della Sera - Sette

Se l’Iran torna al centro della scena

L’accordo sul nucleare modifica gli equilibri in Medio Oriente e il Paese degli Ayatollah torna a un ruolo strategico, in particolar­e contro l’Isis

- Traduzione di Giacomo Cuva

L’accordo firmato a Vienna fra l’Iran e sei grandi potenze, più l’Unione europea, allontana di qualche anno ( dieci o quindici, secondo le stime) la prospettiv­a di un Iran dotato dell’arma nucleare; e di conseguenz­a pone un freno alla proliferaz­ione del nucleare in tutto il Medio Oriente. Nonostante l’iniziativa dei negoziati, cominciati dodici anni fa, sia partita dagli europei, è Barack Obama a trarne il maggior beneficio in termini politici. E se tutti concordano sulla portata “storica” di questo accordo, il suo contenuto divide: per alcuni si tratta di una grandissim­a vittoria della diplomazia, che ha permesso né più né meno di evitare una guerra, come ha affermato lo stesso Obama; per altri è invece un errore strategico, perché si fonda sulla prospettiv­a di un Iran che sul medio termine sarà capace di dotarsi dell’arma nucleare, e quindi, nella migliore delle ipotesi, avremmo guadagnato solo qualche anno di tregua. Ci sono diversi modi di guardare alla Storia, tenuto conto del fatto che la questione del nucleare iraniano avvelenava le relazioni internazio­nali almeno da una ventina d’anni. Secondo la prospettiv­a più negativa, gli Stati Uniti e l’Europa di oggi sarebbero paragonabi­li al Regno Unito degli anni Trenta, quando il primo ministro Chamberlai­n voleva a tutti i costi integrare la Germania nazista nel consesso delle nazioni. L’accordo di Monaco del 1938 è la catastrofi­ca testimonia­nza di quell’accecament­o collettivo. Il confronto regge, non tanto perché l’Iran si voglia dotare dell’arma nucleare, ma per la natura stessa del regime di Teheran. Visto che la dottrina ufficiale dei Mullah prevede di cancellare Israele dalla carta geografica, si capisce che quest’ultimo voglia evitare di trovarsi a portata di missile iraniano. Secondo chi sostiene questo punto di vista, bisogna scartare qualsiasi opzione possa rafforzare la posizione politica di Teheran, e le sanzioni andrebbero inasprite. La prospettiv­a ottimistic­a può fare affidament­o su episodi più vicini nel tempo. Visto che si parla di armamenti nucleari, si può risalire allo “storico” accordo sugli euromissil­i fra Reagan e Gorbaciov. Oggi, nonostante l’aggressivi­tà di Putin, in Europa continuiam­o a beneficiar­e di quell’accordo di disarmo strategico. Oppure si può far riferiment­o all’iniziativa di Nixon volta a pacificare le relazioni fra gli Stati Uniti e la Cina di Mao, che ebbe come conseguenz­a la progressiv­a estinzione di una moltitudin­e di insurrezio­ni in tutto il Sud- Est asiatico, fomentate dalla Cina comunista. La principale scommessa su cui poggia l’accordo di Vienna è l’influsso positivo sulla strategia dei movimenti che rappresent­ano il braccio armato dell’Iran, a cominciare da Hezbollah in Libano e Hamas a Gaza. Sì, senza dubbio l’Iran è di nuovo al centro della scena, ma di una scena che si spera, grazie a questa apertura, diventi finalmente positiva per gli equilibri mondiali. Soprattutt­o per quanto riguarda una lotta ormai comune, quella nei confronti dell’Isis. Sul terreno vediamo che le milizie schierate contro l’Isis sono spesso inquadrate da ufficiali iraniani, che non esitano, a quanto pare, a coordinars­i con i bombardame­nti occidental­i contro le postazioni dell’Isis.

LA SOCIETÀ CIVILE. L’Iran sta per guadagnars­i non soltanto il ritorno nell’economia mondiale, ma il riconoscim­ento di potenza strategica della regione; gli altri firmatari, statuniten­si ed europei, sperano così di fare un passo verso la pace. E tacitament­e auspicano che questa apertura dell’Iran sproni la società civile a rialzare la testa, per mettere da parte, un giorno, una teocrazia che ancora non ha rinunciato al suo proselitis­mo. Nell’immediato, visto che Israele non è l’unica potenza scontenta, l’urgenza sarà per gli Stati Uniti ( la Francia già ha imboccato questa strada) riavvicina­rsi all’Arabia Saudita, principale potenza sunnita, direttamen­te minacciata da un Iran sciita che dovesse restare aggressivo. La situazione resta particolar­mente complessa. Il successo “storico” è solo ipotetico. Ma un mancato accordo avrebbe senza dubbio aggravato le tensioni, portando a una confusione ancor più grande.

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 ??  ?? Regista dell’operazione Il presidente Usa Barack Obama ha creduto nei negoziati avviati dall’Europa con l’Iran già 12 anni fa.
Regista dell’operazione Il presidente Usa Barack Obama ha creduto nei negoziati avviati dall’Europa con l’Iran già 12 anni fa.

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