Ripetendo “Dio lo vuole” Pietro fa spettacolo
Il fascino della retorica, l’abilità di comunicare con la pancia della “ggente”. Così il predicatore diventa un media man
L’ascesa dell’Eremita
Le parole infiammano. In certi momenti, sono armi di distruzione di massa, più di ogni altra. Forse lo sapeva Urbano II quando tuona contro gli infedeli in Terrasanta, il 27 novembre del 1095. Ma forse si sarà stupito dell’effetto delle sue parole nella coscienza collettiva. Si sarà stupito nel sentirsi riferire di come l’opinione comune anti infedele si fosse diffusa immediatamente dopo il 27 novembre, con la forza e la rapidità del fuo- co mosso dal vento d’estate in un campo di fieno tagliato. Deus vult, Dio lo vuole: con questo slogan, sembra, Urbano II chiuse il suo discorso. Sembra, perché i cronisti presenti raccontano il discorso papale scrivendo diversi anni dopo, a riconquista di Gerusalemme avvenuta. Per cui non è cronaca, ma propaganda. Di fatto Deus vult vola ovunque come espressione comune, salvifica, condivisibile e condivisa. Da secoli il volere di Dio è celebrato quotidianamente, al punto da finire nei nomi di persona. A Napoli, nel 454 muore Quodvultdeus, vescovo di Cartagine, amico di sant’Agostino. Quodvultdeus, rigoroso, rigorista, avversario fiero di spettacoli e giochi del circo, amico di sant’Agostino e perseguitato dai vandali di Genserico e per questo costretto a riparare a Napoli, dove muore e dove viene sepolto, probabilmente nelle catacombe di san Gennaro a Capodimonte. Quel nome diventa una moda e chiamarsi così è indi-
cazione chiara di quanto l’uomo si debba mettere nelle mani di Dio: non è una novità per chi crede. L’aporia, la difficoltà oggettiva deriva da chi crede di conoscere la volontà di Dio. Chiamare un uomo Quodvultdeus è indicazione di umiltà. Dire Deus vult, Dio lo vuole, rivela la presunzione di parlare in nome di Dio. E questa delega divina immaginaria è solo debolezza umana, secolare e trasversale nelle religioni. Chi chiama in causa qualcun altro per dare forza alle idee proprie, dichiara solamente l’incapacità di far prevalere la forza del ragionamento personale. Deus vult finirà sugli scudi dei crociati come autorizzazione a procedere inappellabile, del tutto simile ai labari crucisignati di Costantino. Deus lo volt o Deus le volt sarà la storpiatura prima sussurrata, poi dichiarata, poi urlata e diffusa con la forza delle parole dei predicatori, amplificatori in carne ed ossa del pensiero papale, raccontato come emanazione diretta della volontà del Padre Eterno. Fra questi Pietro l’Eremita, ascoltatissimo. Parola di Alberto d’Aquisgrana, cronista della prima crociata, senza mai aver messo piede a Gerusalemme ( al giorno d’oggi, sarebbe un cronista perfetto): « Un certo sacerdote di nome Pietro, già eremita, nato in Amiens città dell’Occidente nel regno di Francia, cominciò a predicare con tutte le sue forze il pellegrinaggio partendo dal Berry, nel medesimo regno. Dietro le sue continue sollecitazioni, tutti presero lietamente la via indotti dal desiderio di far penitenza: vescovi, abati, chierici, monaci, poi nobilissimi laici, principi di regni diversi e il popolo tutto, sia puri che impuri, adulteri, omicidi, ladri, spergiuri, predoni; insomma ogni genere di cristiani, donne comprese » . Pietro non è colto. Pietro non conosce la storia, se non con le iperboli del racconto popolare. Pietro è solamente un gran comunicatore: sa usare i termini giusti, si indigna, partecipa, modula la voce ( non bella), elabora figure retoriche facili. Parla alla pancia della gente, promettendo la vita eterna, già promessa dal Papa. Il Papa parla nel nome di Dio, Pietro parla in nome del Papa e quindi in nome di chi parla in nome di Dio. È una catena di promesse e le promesse fanno colpo, specie se pronunciate da un uomo qualunque, con parole facili e appassionate. Oggi non ci si rende conto della forza di personaggi del genere. Sono i media men di allora. La predica è una specie di spettacolo, una sorta di one man show cui partecipa tutta la popolazione. Leggendo le storie dei predicatori, ci si rende conto delle loro rivalità basate sul maggiore o minore coinvolgimento delle piazze. Scopriamo artifici per attirare l’attenzione della “ggente”, nonché una dose massiccia di autoreferenzialità. Si ritengono quasi santi in vita. Conosciamo da sempre anche costoro. Così Pietro l’Eremita. Non si risparmia e vaga da Bourges a Colonia convincendo migliaia di persone a prendere la strada per Gerusalemme. Deus lo volt, dice. Deus le volt urla nelle piazze. E la “ggente” ripete scandendo, come in un concerto rock dei giorni nostri. Proviamo ad immaginarlo tonante, in una di queste piazze, con questi argomenti ricostruibili proprio dai racconti di Alberto di Aquisgrana. « Il cielo è scuro, fratelli. Ma mai come quello vi- sto dai miei occhi a Gerusalemme. Là dove è il sepolcro di nostro Signore Gesù Cristo, solo nefandezze e scelleratezze ripugnanti. Gli infedeli e gli empi profanano quei santuari, rubano le offerte dei nostri fratelli, trasformano le nostre chiese in stalle, aggrediscono i cristiani frustandoli, torturandoli, circoncidendoli a forza » . Inevitabilmente tutto questo fa effetto sul popolo. In tanti hanno raccontato scempi del genere tornando dalla Terrasanta. Sentendo la partecipazione della “ggente”, Pietro incalza. « Ho chiesto al Patriarca di Gerusalemme come potesse sopportare tutto questo e lui mi ha risposto con un filo di voce: “Oh tu, il più fedele dei cristiani, perché tormenti su ciò la paternità nostra, dal momento che le nostre forze non sono da considerare più quelle d’una formica di fronte alla superbia di tanti infedeli? La nostra vita, bisogna riscattarla con tributi continui se non vogliamo esser messi a morte; e così speriamo ogni giorno di giorno in giorno di scampare a più gravi pericoli, a meno che non giungano da parte dei cristiani aiuti, che noi per tuo tramite imploriamo » . Pietro abbassa la voce e interpreta simulando sofferenza subita addirittura da Sua Beatitudine il Patriarca. A questo punto, chi ascolta partecipa condividendo emotivamente, come a teatro. Ma bisogna infiammare di più e Pietro sa come fare.
I predicatori sono amplificatori del pensiero papale, raccontato come emanazione della volontà di Dio