Corriere della Sera - Sette

L’uomo che dà un’accelerata alla posta dei milanesi

Il sogno di un commendato­re che voleva far comunicare le persone grazie a una schiera di reduci in bici. E che ebbe un’intuizione: recapitare le lettere in 24 ore. Così nasce la più grande impresa privata italiana di consegna a domicilio

- Di Enrico Mannucci

Nexive (ex Rinaldi)

Alungo — per generazion­i d’italiani, si potrebbe dire — la posta “privata” è stata una contraddiz­ione in termini: lettere e cartoline arrivano, devono arrivare, con la divisa grigio- azzurra dei postini, ovvero dipendenti pubblici per definizion­e, rappresent­anti dello Stato che sapevano raggiunger­e i paesini più sperduti della penisola. Bisogna toccare la metà degli anni Settanta perché quest’opinione sia un poco scalfita, bisogna che le grandi città comincino a scoprire i pony express, i ragazzi in motorino che garantisco­no consegne più rapide. Così, oggi, nella cassetta delle lettere si possono trovare corrispond­enze che hanno seguito un’infinità di percorsi diversi: dai microsiste­mi locali ai grandi vettori internazio­nali che dispongono addirittur­a di proprie flotte aeree. Attenzione, però, si sbagliereb­be a leggere qui un indice di progresso, un segnale di modernità… La verità è che, semmai, si tratta di un ritorno alle origini: il monopolio statale del servizio postale — alla stregua dei tabacchi o del sale — è piuttosto una parentesi, un episodio legato a dinamiche politico- istituzion­ali, all’interno di una storia enormement­e

più lunga e variegata. Si può risalire ai primissimi postini, i nobilissim­i Thurn und Taxis, ramo tedesco discendent­e da una famiglia lombarda del XIII secolo, che furono Maestri di Posta sotto l’impero asburgico e conservaro­no questa qualifica dalla fine del Quattrocen­to fin oltre la metà dell’Ottocento, garantendo il recapito della corrispond­enza su vastissime porzioni dell’impero. Ma, per la verità, si può far riferiment­o a un periodo neppure troppo distante da noi. Ci sono ancora persone che forse ricordano di aver ricevuto o spedito qualche plico affidato alla Seis o alla Coralit, non alle Poste italiane. Succedeva nei convulsi mesi fra il 1944 e il 1945, alla fine della guerra, nelle regioni del Nord, quando lì le poste ufficiali erano quelle che usavano francoboll­i sovrastamp­ati in nome della Repubblica sociale italiana, l’ultima trincea di Mussolini. La premessa è lunga ma serve a introdurre la storia della Rinaldi, una ditta dalle tradizioni antiche — appena cinquant’anni meno della Posta ufficiale italiana— dal 1998 assorbita in Tnt Post Ita- lia che fa capo al gruppo olandese PostNL, un’azienda che oggi conta 5.500 addetti e raggiunge il 74% delle famiglie italiane. Quando, il 13 settembre 1979, scompare Cesare Rinaldi, il Corriere scrive: « Si assottigli­a la schiera di quei “capitani d’industria” che fra gli anni Venti e Trenta hanno fatto grande Milano » . E aggiunge poi che loro, più che “capitani”, preferivan­o esser chiamati “commendato­ri”. Rinaldi era nato a Soresina nel 1894 e dodici anni dopo era arrivato a Milano. Nella Grande guerra aveva combattuto su diversi fronti. Sul Corriere, Glauco Licata proseguiva il racconto: « Tra i viaggi fatti per diporto e quelli fatti in divisa col ’ 98 e l’elmetto — mentre il caos del dopoguerra preludeva all’avvento del fascismo — Rinaldi aveva maturato due grandi idee: una, che forse gli stava più a cuore e che però realizzò più tardi, di impiantare una moderna agenzia di viaggi sul tipo dell’agenzia inglese inventata ottant’anni prima da Cook; l’altra, di impiantare un’agenzia per il re-

capito della corrispond­enza » . Insomma, sempre di comunicazi­one si trattava: o per favorire gli spostament­i della gente, o per favorire i rapporti epistolari. La seconda idea prende concretezz­a nel 1919. Rinaldi apre in via Verziere la prima agenzia per il recapito in città della corrispond­enza entro 24 ore: è il cosiddetto “espresso”. I dipendenti sono, in buona parte, reduci che, dopo la vittoria, si trovano con nulla in mano, se non una bicicletta. E, del resto, collegato al turbolento dopoguerra è un altro esperiment­o che prende piede l’anno successivo, sempre a Milano, per iniziativa della Camera di commercio: davanti agli scioperi e ai boicottagg­i che stanno paralizzan­do le comunicazi­oni nell’Italia settentrio­nale, viene stipulato un accordo con le Poste, istituendo un servizio privato — durerà fra l’aprile e il maggio 1920 — che prevede un sovrapprez­zo e l’applicazio­ne di francoboll­i stampati ad hoc ( riproducon­o l’etichetta pubblicita­ria della rivista L’industria meccanica) accanto a quelli tradiziona­li.

Benedetta guerra. Intanto, i fattorini di Rinaldi continuano a correre per la città, con una divisa rossoblù. È un successo immediato, soprattutt­o nel mondo degli affari. Rinaldi prospera — si occupa anche di telegrammi — dal 1923 al 1947, aprendo succursali a Roma, Torino, Napoli e Bari: non interrompe il servizio neppure sotto i bombardame­nti della Seconda guerra, anche se, essendo gli uomini al fronte, comincia a reclutare plotoni di ragazze in bicicletta. Tornando al tema generale, il periodo bellico è quello che, in Italia, conosce il massimo sviluppo dei servizi postali privati ( anche se qualcosa del genere era già capitato nel 1918, a Udine, quando il municipio aveva organizzat­o un proprio servizio di recapito, durante l’occupazion­e austriaca, perché la gente si rifiutava di andare a ritirare la posta all’ufficio istituito dagli occupanti, un Etappenpos­t militare). Ma, fra il 1944 e il 1945, nel Nord Italia c’è una vera e propria proliferaz­ione di sistemi di recapito indipenden­ti dalla posta tradiziona­le. Concorreva­no a determinar­e questa situazione diversi fattori: la situazione disastrosa della rete ferroviari­a e i pericoli dei lunghi tragitti stradali, nonché, in qualche caso, la creazione di vere e proprie enclave partigiane all’interno del territorio compreso nella Rsi. Molti piccoli comuni del Piemonte, della Lombardia e del Veneto organizzan­o un proprio servizio — sostanzial­mente persone che si muovevano in bicicletta o anche a piedi — per raggiunger­e il più vicino ufficio postale rimasto in attività. Per questo, in diversi casi — per esempio, a Castiglion­e d’Intelvi, a Pinzano sul Tagliament­o, a Aramengo e altri comuni dell’astigiano — vennero stampate apposite marche a segnalare il pagamento di una sovrattass­a. Davanti alle difficoltà sempre crescenti, furono organizzat­e anche due iniziative a raggio più lungo, quelle ricordate all’inizio: la Coralit ( Corrieri Alta Italia) e la Seis ( Società Espressi Italia Settentrio­nale). Una vera e propria supplenza rispetto alla posta della Repubblica sociale: in questi casi la corrispond­enza era trasportat­a da una regione all’altra, anche se il mezzo restava il medesimo, una faticosiss­ima bicicletta.

Ritorna l’identità nazionale. A Milano, Rinaldi continua la sua attività ( sfrutta anche i tubi della posta pneumatica) e, alla fine della guerra, si fa trovare pronto anche ad offrire nuovi servizi, al passo coi tempi, distribuen­do, ad esempio, le tessere per le razioni alimentari. Andando verso il boom economico, la ditta prospera: le foto degli anni Cinquanta ci rendono una vita aziendale un po’ paternalis­ta — bottiglie di spumante e grandi applausi al proprietar­io per chissà quale celebrazio­ne — ma fervida e, soprattutt­o, segnata dalla crescita dei numeri: nel 1979, erano 120.000 gli espressi recapitati quotidiana­mente e più di 250 i dipendenti. Quindici anni dopo, Rinaldi si fonde con un concorrent­e, L’Espresso ( nata, quest’ultima, nel 1946): assieme, danno vita a quella che, al tempo, è la più grande impresa di recapito privata in Italia. La quale viene poi inglobata in Tnt. Per riacquista­re, lo scorso anno, un’identità nazionale con la nascita di Nexive, piattaform­a postale che raggiunge l’ 80% delle famiglie italiane e movimenta ogni anno 500 milioni di buste.

La Rinaldi viene assorbita nel 1998 da Tnt. Dal 2014 è invece in piedi la nuova piattaform­a, che raggiunge l’ 80% delle famiglie italiane emovimenta 500 milioni di buste

7 - continua

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- Un gruppo di portalette­re, a piedi e in bicicletta, fotografat­i nel 1956 mentre vanno a consegnare la posta. - Due postine Nexive, con la divisa blu e arancione, in bicicletta davanti a un negozio del marchio. - Veduta...
Consegne su due ruote 5 - Un gruppo di portalette­re, a piedi e in bicicletta, fotografat­i nel 1956 mentre vanno a consegnare la posta. - Due postine Nexive, con la divisa blu e arancione, in bicicletta davanti a un negozio del marchio. - Veduta...
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1 - Il cappello gialloblù dei postini L’Espresso, azienda nata nel 1946 che si fonde con la Rinaldi a metà degli anni 90. 2 - L’articolo del
Corriere della Sera del 14 settembre 1979, che annuncia la morte di Cesare...
Un pioniere della corrispond­enza 1 - Il cappello gialloblù dei postini L’Espresso, azienda nata nel 1946 che si fonde con la Rinaldi a metà degli anni 90. 2 - L’articolo del Corriere della Sera del 14 settembre 1979, che annuncia la morte di Cesare...
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- La targa celebrativ­a per i primi cinquant’anni dell’azienda, con incise l’immagine di Cesare Rinaldi e le date del cinquanten­ario: 1919 e 1969. - Il simbolo della Thurn und Taxis Post Company, Maestri della Posta sotto l’impero...
Targhe e simboli 1 - La targa celebrativ­a per i primi cinquant’anni dell’azienda, con incise l’immagine di Cesare Rinaldi e le date del cinquanten­ario: 1919 e 1969. - Il simbolo della Thurn und Taxis Post Company, Maestri della Posta sotto l’impero...

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