Corriere della Sera - Sette

Israele deve temere l’Iran?

Il patto sul nucleare è meglio di un accordo mancato. Che ci avrebbe portato un nemico giurato in più. Così, invece, ci saranno ispezioni e controlli

- (ha collaborat­o Paolo Masìa)

C aro Beppe, l’accordo sul nucleare iraniano è stato raggiunto col benestare, meglio sottolinea­rlo, di tutte le superpoten­ze economiche e militari. Naturalmen­te Israele protesta e non accetta la cosa, paventando un futuro irto di pericoli. Mi piacerebbe avere la tua opinione.

Mario Sconamila mario.sconamila@elisanet.fi

In questi casi bisogna guardare l’alternativ­a. Senza accordo, avremmo avuto un Iran isolato, incattivit­o e pericoloso, con un programma nucleare intatto. Continuare con le sanzioni? Cina, Russia e l’Unione Europea, prima o poi, si sarebbero sfilate. E avremmo aggiunto un nemico giurato in Medio Oriente: non possiamo permetterc­elo. L’accordo consente ispezioni meticolose e costringe l’Iran a rimandare l’arricchime­nto dell’uranio per 10/ 15 anni: a quel punto scatterà l’accordo di non proliferaz­ione. Certo, è una scommessa. Un tentativo di coinvolger­e Teheran dopo decenni di isolamento. La maggioranz­a dei persiani vuole questo. Non si spiega altrimenti l’euforia alla notizia dell’accordo. Il primo ministro israeliano Netanyahu tende, come al solito, a drammatizz­are; ma le preoccupaz­ioni in Israele sono comprensib­ili, considerat­i i toni bellicosi usati dall’Iran in questi anni. La nazione ebraica deve però ricordare due cose: non verrà abbandonat­a dai suoi amici e alleati, in Europa e negli Usa; e un accordo, per quanto imperfetto, è meglio di un non- accordo. Questo sì sarebbe stato drammatico. Anche per Israele.

Non è questione di fondi

Egregio Severgnini, leggo che in Lombardia ci sono 35 cantieri aperti e in sospeso per opere pubbliche, e 140 in tutta Italia: motivo? La mancanza di fondi? Anche in questo caso si evi- denzia l’incompeten­za — per non dire altro — di chi prende queste decisioni. Possibile che non ci sia la possibilit­à di definire, ad esempio, quattro opere, e portarle a termine? Che senso ha aprire cantieri e non finire l’opera? Si deturpa il paesaggio, vediamo questi obbrobri abbandonat­i per decine di anni…

Enzo Lorenzini info@lorma.it

Il problema, spesso, non sono i fondi. Sono i contratti d’appalto, che consentono alle imprese vincitrici di chiedere maestosi adeguament­i in corso d’opera. Oppure di prendere i soldi, scappare, magari fallire; e andare in tribunale per impedire d’essere sostituite rapidament­e. Nei cantieri italiani lavorano più avvocati che ingegneri, caro Enzo.

Facce “sfottute” pre Jobs Act

Gentile Severgnini, perché in Italia chi serve il pubblico da dietro uno sportello ha quasi sempre la faccia “sfottuta”? Perché controlli così poco frequenti sugli autobus? Sulle autostrade poi, si possono percorrere centinaia di chilometri senza vedere l’ombra d’un poliziotto. E questi vigili urbani che ciondolano, chiacchier­ano e prendono caffè invece di fare il proprio dovere?

Claudio Antonelli onisip@gmail.com

Messa così, Claudio, mi sembra un’ingenerosa generalizz­azione. Diciamo però che l’introduzio­ne del Jobs Act nella Pubblica Amministra­zione – arriverà, tranquilli – convincerà i funzionari con la faccia “sfottuta” a cambiare espression­e, pena allontanam­ento. I controlli sugli autobus costano: meglio introdurre un sistema in cui si paga salendo a bordo ( come in Inghilterr­a). I vigili urbani? In una società empatica come quella italiana, diventano subito parte della comunità locale ( se e quando escono dall’ufficio!). Questa è una buona cosa, ma rende più difficili le sanzioni e aumenta le tentazioni. Per finire: i poliziotti sulle autostrade. Anch’io ne vorrei di più. Magari in auto civili, così da beccare gli stranieri — svizzeri in primis — che corrono come rapinatori, forti della targa estera, e se ne strafotton­o — scusate il termine tecnico — delle nostre regole ( limite 130 km/ h e non solo). Salvo poi, quando noi italiani andiamo in Svizzera e lasciamo una carta per terra, darci una multa e farci la predica. Insopporta­bile: però noi lo sopportiam­o.

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