Chiude Postalmarket, metafora dell’Italia
È stato un pezzo della nostra cultura popolare e oggi che cessa le pubblicazioni segue la parabola di un Paese gradualmente liquidato in tribunale
Le pagine del catalogo di vendita per corrispondenza dedicate all’intimo femminile erano l’astronave che trasportava i ragazzini verso le meraviglie delle pudenda da intuire sotto i capi
Chiudersi in bagno con il Postalmarket » era un’espressione ben nota a tutti i maschietti italici che oggi hanno tra i quaranta e i cinquant’anni. Le poche pagine ( ma ricercatissime) del catalogo di vendita per corrispondenza più famoso d’Italia dedicate all’intimo femminile ( catalogo da anni in crisi e che ora ha definitivamente dichiarato fallimento) erano l’astronave che trasportava i ragazzini verso le meraviglie delle pudenda invero pudiche, da intuire sotto i capi in vendita. Certo, dal 1972 circa alla fine degli anni Novanta ci fu il boom esplicito dei giornali porno; infinitamente più espliciti, una sorta, in ambito morale, di plutonio arricchito che chi è stato ragazzo in quei decenni doveva ben studiare dove nascondere per preservarli agli occhi moralistici dei genitori ma forse ancor prima al personale senso del peccato. Finito l’aneddoto ( ma quanto importante) dell’aspetto “a luci rosse” ( rosa) del catalogo, Postalmarket è stato un pezzo davvero grande della nostra cultura popolare. Erano gli anni immediatamente successivi al boom economico e Postalmarket rappresentava il mito della città, dei suoi bagliori, della moda che ti arrivava direttamente in casa, tutta per te, da sfogliare nel salotto, nel regno nuovo delle merci a disposizione di tutti, magari sulle classiche poltrone ancora avvolte nel cellophane. Per chi abitava in provincia ( e in Italia allora come oggi di provincia ce n’è tanta, ma lo era in senso più squisitamente geografico), Postalmarket, con le sue celebrità in copertina, era la città che ti entrava in casa, al tuo servizio, per farsi scegliere. « Com’è bella la città / com’è grande la città/ piena di luci la città / coi suoi colori la città » : cito a memoria il grande Gaber. E cito anche il ritornello-tormentone che per oltre un decennio ha martellato nelle nostre teste sempre più in empatia con la promessa di un facile benessere televisivo: « Con Postalmarket sai / usa la testa / e ogni pacco che ti arriva è una festa / / Postalmarket prezzi inchiodati / e sottolineo inchiodati! » . Il video è quasi ( quasi) commovente ( visto oggi): la felicità è un pacco che ti arriva dal grande sogno della città. Usciva due volte all’anno, come un vero catalogo di moda ( in copertina sempre la star del momento, dalla mitica valletta di Mike Bongiorno Sabina Ciuffini a Carol Alt) ma poi vendeva di tutto ed era davvero il bengodi cartaceo dell’intera famiglia. L’abito buono per la mamma, ma che indossato da Brooke Shields sembrava la bacchetta che trasformava la casalinga ( facciamo non di Voghera, stavolta) in una principessa, fino agli arredamenti per avere una casa più che decente ( alla moda, appunto) alla quantità esorbitante di giocattoli. L’iter della sua fine, dalla crisi al fallimento, è stato piuttosto triste. Il tentativo di adeguarlo al contemporaneo ( aggiungendo un “. it” al titolo delle ultime edizioni) resta triste. È un po’ la metafora di un’Italia ingenua, fattiva e gioiosa che è da tempo, gradualmente liquidata in tribunale.