Te lo leggo negli occhi
Nasce la Nutella e finisce l’horror da pane senza cioccolata. Sergio Leone gira Per e nasce l’epica western cantata con lo scacciapensieri
1964anno bisestile. Sulla scia del boom arrivano novità epocali. Fra queste, una datata 30 aprile. Dagli stabilimenti della Ferrero di Alba sugli scaffali dei primi supermercati arrivano dei bicchieri con un tappo bianco in alto. Dentro una crema di cioccolata. All’inizio c’è perplessità: i ragazzini sono abituati alle tavolette di cioccolata, tuttalpiù arricchite da nocciole. A Pasqua, le uova di cioccolata rigorosamente fondente: di là da venire le uova di cioccolata al latte. Una alternativa sufficientemente ghiotta è il cremino, una specie di formaggino incartato nella stagnola esattamente come un formaggino, ma tutto di cioccolata morbida. È festa quando entra nelle merende del pomeriggio, spalmato sul pane. Per la maggior parte dei ragazzi è meglio del pane e cioccolata. Molto meglio: perché la rosetta con la cioccolata inevitabilmente non offre una miscela giusta tra gli ingredienti: si rischia di fare un boccone di sola cioccolata e gioire o di solo pane e restar delusi per quel boccone considerato a vuoto. Il problema è risolto alla radice da quei bicchieri con il tappo bianco: signore e signori, ragazze e ragazzi, quella crema di cioccolata è la Nutella. Chi ha avuto la fortuna di vederla arrivare, ricorda la curiosità degli occhi. Quella crema liscia con una specie di voluta a riccio al centro è una novità assoluta: quasi non si vuole rovinarne la superficie con la prova dell’indice. Ovviamente la prova dell’indice è infilare il dito nella Nutella per assaggiarla. Ma una volta superate diffidenza, curiosità e desiderio di lasciare tutto liscio come si presenta, l’assaggio dà una sensazione strepitosa. Il sapore è completo. Finalmente non si rischia l’horror vacui, il terrore di trovare la fetta di pane vuota di cioccolata, ma questa si spande uniforme, amalgamandosi perfettamente con la mollica, lasciando una sensazione di completezza diffusa in chi fa merenda. Anche questo è un segno del benessere, senza dubbio. E non lo è solo nei ricordi del ragazzo di allora, ma lo è soprattutto perché il domani esiste realmente e propone novità di tutti i tipi, dalla Nutella agli spaghetti, da sempre esportati nel mondo. Nel 1964 se ne esporta una variante cinematografica: sono gli spaghetti western, il western italiano di Sergio Leone. È l’anno in cui Leone gira Per un pugno di dollari, legando le sue immagini alle musiche di Ennio Morricone. Da quel momento anche gli americani imparano qualcosa in più della loro epica, finora raccontata esclusivamente dai loro scrittori e dai loro registi. Leone e Morricone non amano giustamente la definizione spaghetti western: c’è un che di cucina bassa, di cinema all’amatriciana. Ma, al di là delle definizioni di comodo, quei film sono un’altra novità assoluta e gli americani sono costretti a fare i conti con il sigaro di Clint Eastwood, con i silenzi degli attori di Leone e con gli strumenti utilizzati da Morricone: in Per un pugno di dollari trionfa il marranzano, sicilianissimo e più noto con il nome di scacciapensieri.
Quella crema liscia con una specie di voluta a riccio al centro è una novità assoluta: quasi non si vuole rovinarne la superficie con la prova dell’indice
IDOLO DELLE RAGAZZINE.
Ennio Morricone lavora alla RCA, la casa discografica mito di quegli anni, con gli studi al 12° chilometro della via Tiburtina. Là si affaccia Eugenio Zambelli, solista dei Kings dal 1961. Il suo nome d’arte è Dino ed ha una gran voce. Si è appena imposto con Eravamo amici, vincendo il Cantagiro e diventando un idolo per le ragazzine grazie anche ai suoi occhi di ghiaccio. Sergio Endrigo e Sergio Bardotti gli cuciono addosso Te lo leggo negli occhi. Il tutto passa per le novità musicali trovate da Morricone e le stesse ragazzine si struggono davanti ai juke box sentendo Dino cantare la fine di una storia. « Finirà / me lo hai detto tu / ma non sei sincera / te lo leggo negli occhi / hai bisogno di me » . Franco Battiato la ricanta nel 1999 in Fleurs e ancora oggi quella canzone profuma di stabilimenti estivi e zoccoli di legno da bancarella, consumati alla fine dell’estate come una storia d’amore nata a giugno per finire a settembre. Sperando “e nei tuoi occhi che piangono / mille ricordi / non muoiono / perdonami se vuoi / e resta insieme a me / tra di noi / forse nascerà / un amore vero / te lo leggo negli occhi / tu lo leggi nei miei”.