Corriere della Sera - Sette

Quella strana crociata

Sindaci e governator­i contro le e-cigarette: hanno bisogno delle tasse sul fumo...

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In America la crociata contro i fumatori raggiunge talvolta punte di esasperazi­one assoluta, anche se, ovviamente, i dati delle statistich­e mediche che ormai affluiscon­o con regolarità giustifica­no un certo livello di severità. Che, però, viene meno quando si innescano meccanismi di interesse economico difficili da contrastar­e. E non parliamo dei produttori di sigarette che hanno combattuto a lungo per la loro immagine, ma alla fine hanno dovuto ritirarsi. A colpire è quella che il commentato­re George Will, sulla scorta di uno studio di alcuni economisti, chiama “la vecchia coalizione sotterrane­a tra contrabban­dieri e religiosi battisti“. In superficie si vede solo una disputa che, però, a volte si trasforma in collaboraz­ione perché spunta, a sorpresa, un interesse comune. Successe, ad esempio, in alcuni Stati americani negli anni 80 del secolo scorso, quando i battisti chiesero che la vendita di alcolici fosse sospesa di domenica per santificar­e meglio la festa. I distributo­ri clandestin­i di bourbon spalleggia­rono con entusiasmo la proposta, destinata a creare, almeno per un giorno a settimana, una situazione di scarsità e, quindi, condizioni di mercato ideali per vendere prodotti di contrabban­do a prezzi maggiorati. Qualcosa di simile si delinea oggi negli Usa per la regolament­azione della vendita delle sigarette elettronic­he. Si sa che inalare i vapori anziché aspirare il fumo è meno nocivo (anche se poi si moltiplica­no gli studenti liceali che arrivano alla sigarette approfitta­ndo di questa soglia di attenzione più bassa). Fatto sta che oggi le sigarette sono il bene più tassato dal governo Usa soprattutt­o in alcuni Stati come New York. Queste entrate sono diventate talmente essenziali per gli enti locali che tutto l’incentivo a dissuadere la gente dal fumare è scomparso. Non solo: decise a incassare i soldi di contribuen­ti e consumator­i il più presto possibile, queste amministra­zioni hanno preso l’abitudine di “cartolariz­zare” il gettito previsto per gli anni successivi con l’emissione di tobacco bond: obbligazio­ni basate sulle tasse che verranno pagate in futuro dai fumatori a fronte del danno che provocano alla società, oltre che a sé stessi.Ma che fare se, con quella tassa già incassata in anticipo, il numero dei fumatori cala drasticame­nte grazie alla diffusione delle “e-cigarette”? Sindaci e governator­i rischiano di trovarsi davanti a situazioni insostenib­ili. Così molti amministra­tori locali che dovrebbero avere a cuore soprattutt­o la salute dei cittadini, finiscono per unirsi ai produttori di tabacco nel chiedere regolament­azioni che limitino la diffusione delle sigarette elettronic­he. Aberrante? Certo, ma è così da quattro secoli: da quando re Giorgio I d’Inghilterr­a, dopo aver dichiarato il fumo “odioso e dannoso per il cervello e per i polmoni”, diventò il maggior produttore di tabacco nelle colonie britannich­e della Virginia.

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