Mompracem 3.0
I pirati sono tornati nei mari d’Oriente Ma ora li comandano i colletti bianchi
La pirateria è tornata a casa. Certo, non ancora nei covi della Tortuga, che restano lontani. Ma intanto, i mari di Sandokan e delle sue Tigri di Mompracem sono di nuovo nelle mani dei bucanieri 3.0. Le rotte dello Stretto di Malacca, fino a Singapore, e del Mare Cinese Meridionale appaiono sempre di più in balia della nuova filibusta. Lo dicono i dati ufficiali dell’International Maritime Bureau (Imb): nel primo semestre di quest’anno, nelle acque del Sud-Est asiatico ci sono stati 79 arrembaggi registrati, più della metà del numero complessivo di attacchi nei mari di tutto il mondo. Il fatto è che per questa regione passa gran parte del commercio mondiale, e che insenature, golfi e isolotti offrono protezione perfetta per i pirati (Salgari lo sapeva bene...). Per di più, oggi, le unità di polizia navale dei Paesi interessati sono spesso deboli e corruttibili. L’esito finale era prevedibile. Ma la vera novità, che preoccupa molto, è che questa nuova pirateria si sta sempre di più professionalizzando. L’anno scorso, secondo uno dei maggiori esperti del tema, Karsten von Hoesslin, della società di consulenza danese Risk Intelligence, c’è stato un vero e proprio salto di qualità: le bande hanno cominciato a organizzarsi in network che, accanto all’equipaggio e al capitano, hanno affiancato anche un mediatore, che ha i contatti per individuare le prede; esperti in grado di falsificare i documenti per poter facilmente rivendere il carico rubato; una “nave fantasma”, in cui trasbordare la merce; un acquirente intermedio, che faccia da ponte per quello finale; investitori finanziari e spie nei vari porti che riforniscano i pirati di informazioni. Il bottino preferito sono petroliere e navi per il trasporto di gas e olio di palma. «Ogni attacco è pianificato e premeditato», ha aggiunto Hoesslin parlando alla Dw. Solo dopo la messa a punto del piano, i pirati passano all’azione: otto uomini, di solito, che interrompono le comunicazioni della nave-preda e trasbordano la refurtiva: in 6-10 ore, l’operazione è completata e il materiale passa su un nuovo vascello “pulito” verso Hong Kong o Rotterdam. Un tesoro che vale molti milioni ogni anno, anche se il bottino non è però quantificabile. Per i singoli bucanieri, invece, si calcola che ogni assalto valga 29 mila euro, che diventano 100 mila per il capitano, e mezzo milione per l’intermediario. Sandokan, insomma, prenderebbe una fetta di torta inferiore a un qualsiasi colletto bianco del crimine. Ogni poesia (se mai ce n’è stata, letteratura a parte) è definitivamente svanita.