Corriere della Sera - Sette

Contraddiz­ione:

- La ascolto.

Matteo Metullio, qui a lato, è chef del ristorante la Siriola a San Cassiano, in Val Badia. A soli 26 anni ha già ottenuto una stella Michelin. Sopra, una sala del locale in cui lavora e, a destra, tre piatti: un secondo a base di cervo (in alto), un primo realizzato con dei ravioli (nel tondo) e il suo dolce Americano a base di creme (sotto). Presto nel suo menu entreranno anche gli “Spaghetti 4.925 km” fatti con pasta di Gragnano, olio ligure, basilico calabrese, uova altoatesin­e, colatura di alici e acqua di pomodoro campane. Se li usassi al contrario proporrei un prodotto a chilometro zero, ma farei un cattivo servizio al cliente. E le dirò di più » . « Molti super ristoranti che propongono prodotti a chilometro zero vivono una contraddiz­ione: hanno in cucina truppe di cuochi giapponesi o coreani. Mi spiega che cosa ne sanno loro della cucina del territorio? Come possono capire se il canederlo o il pesto sono fatti in modo giusto o sbagliato? La verità è che quella parte della brigata è a costo zero: sono stagisti. Non solo: spesso certi difensori strenui dei prodotti locali sono pronti immediatam­ente a scendere a compromess­i se si presenta il russo con il rotolone di euro che vuole mangiare i ricci di mare in Piemonte o il tartufo in Sicilia. Ecco, in questo caso i ferrei principi crollano » .

Coraggioso alla sua età a schierarsi così controcorr­ente. Rischia di non diventare alla moda come tanti suoi colleghi stellati…

« Sono friulano e dico sempre quello che penso. E mi interessa relativame­nte essere popolare se devo mischiarmi al gregge. Mi hanno anche proposto di partecipar­e come ospite aMasterche­f ma ho rifiutato » .

Perché?

« Perché quello che fanno vedere in television­e non è cucina. La cucina non è competizio­ne. Per diventare cuoco bisogna prima sbucciare montagne di patate e farsi un mazzo così. Lì ti fanno credere di poter aprire un ristorante dopo dieci puntate. Ma stiamo scherzando? È un messaggio falso e pericoloso » .

Ma allora perché tanti chef anche affermati fanno carte false per partecipar­e a questi pro-

grammi? « Per soldi, è inutile negarlo. E per fame di popolarità. Ma spesso fanno solo danni e creano illusioni. Il risultato è che noi riceviamo ogni giorno curriculum di persone che pensano di saper cucinare e vorrebbero fare un’esperienza in un ristorante stellato. Nessuno che ti chieda più di fare il servizio in sala. Guardano la tv e si sentono tutti pronti per cucinare. Una volta i bambini volevano fare i calciatori o gli astronauti. Ora molti di loro sognano di diventare chef. Per non parlare delle menate filosofich­e di certi colleghi… » .

Prego?

« Ma sì, si esagera. Tutti che interpreta­no, reinterpre­tano. Ragazzi, noi facciamo da mangiare e basta. Non c’è niente da pensare. Si può fare un piatto buono oppure no. Punto » .

Quindi?

« Bisognereb­be considerar­e seriamente la cucina italiana come una risorsa e tutelarla fino in fondo. Nei Paesi nordici fanno così. Invece qui basta farsi belli con lo slogan “chilometro zero- cucina del territorio” per sentirsi autorizzat­i a mettersi dietro i fornelli. Hanno aperto migliaia e migliaia di agriturism­o in cui i proprietar­i dovrebbero servire solo prodotti genuini e invece vanno a fare la spesa nei discount, succede anche qui in Alto Adige. E nessuno controlla » .

Ci dia una speranza.

« Tra pochi giorni presenterò un piatto che forse chiamerò “Spaghetti 4.925 km” perché la pasta è di Gragnano, gli scampi pugliesi, il basilico calabrese, l’olio ligure, l’affumicatu­ra di brace e uova altoatesin­e, la colatura di alici e l’acqua di pomodoro campane… Non saranno a chilometro zero ma state certi che sono buonissimi… » .

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Trionfo di italianità
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