L’anima meticcia di Penang
Sull’isola-Stato dove convivono diverse religioni. E i cittadini diventano narratori
Arrivano da ogni angolo della Malesia. Ma anche da Giappone, Australia, Iran, Cina, Europa. E ad agosto trasformano strade, piazze e antichi palazzi di George Town, capitale dell’isola- Stato di Penang, in palcoscenici per spettacoli, performance di musica e danze tradizionali, mostre, film, dimostrazioni di arti marziali, teatro di strada, negozi temporanei. Benvenuti al George Town Festival ( 1- 31 agosto; georgetownfestival. com), una festa lunga un mese che è un inno all’anima meticcia della grande isola malese. Tra gli ospiti più attesi quest’an- no figurano i ballerini spagnoli di Titanium che fondono flamenco, hip hop e break dance, gli australiani della Shaun Parker & Company, i giapponesi della Seinendan Theatre Company ( che rappresentano una curiosa versione della Metamorfosi di Kafka), l’attrice polacca Anna Skubik che rivivrà gli ultimi giorni di Marlene Dietrich. Ma anche un centinaio di anonimi cittadini locali ( scelti in base età ed etnia) che danno vita a 100% Penang, una sorta di grafico umano ( è un campione dell’ 1% della popolazione) fatto di voci narranti che raccontano storie, tradizioni, curiosità dell’isola- Stato. COSÌ IL MUSEO SI TRASFORMA IN HOTEL Si chiama The Blue Mansion ed è un pezzo di storia di Penang, ma anche una singolare boutique hotel. Fatta costruire nel XIX secolo dal commerciante e diplomatico Cheong Fatt Tze («ultimo mandarino e il primo capitalista della Cina») conserva architettura e decor originali (il restauro filologico le ha fatto guadagnare il plauso Unesco per la conservazione del Patrimonio). Di giorno si visita come un museo, di notte accoglie gli ospiti in 18 stanze a tema (thebluemansion.com.my, da 120 euro). Un posto nato già ibrido. Quasi disabitata fino al XVIII secolo, quando arrivarono i primi coloni da Sumatra, Penang deve la sua fama a Francis Light, capitano della Compagnia delle Indie Orientali, che ne intuì l’importanza strategica, riuscì a farsela cedere dal sultano del Kedah, ne prese possesso in nome della corona britannica, fondò la capitale, e ne fece un porto di libero scambio attirando qui gente d’ogni razza da tutta l’Asia. Oggi George Town è una grande città senza sembrarlo. I recenti grattacieli e i condomini multipiano non sono riusciti a offuscare l’eleganza morbida, poco fastosa, delle sue antiche vestigia ( dal 2008 è Patrimonio Unesco): vicoli stretti, case basse con portici e cortili, negozi di tè, palazzi cinesi,