Quel Rapagnetta del Vate
Albero genealogico alla mano, ecco quale sangue scorreva nelle vene di D’Annunzio. E poi, immigrati & crisi
Egregio signor Fulco Pratesi, ho letto l’appunto su Settedel 24 luglio u.s. Sono lusingato che un esponente come Lei abbia commentato una mia esternazione e provo imbarazzo a rispondere. Faccio tuttavia rispettosamente notare che l’appellativo “Rapagnetta” ricorre regolarmente in accademie e biblioteche americane. Vorrei di seguito esporre il motivo. Anna Giuseppa e Rita Olimpia Lolli erano due sorelle titolari di un cospicuo patrimonio. La prima sposò Antonio D’Annunzio, la seconda Camillo Rapagnetta. La coppia D’Annunzio – Lolli non ebbe discendenti. La coppia Rapagnetta – Lolli ne ebbe otto. Fu pertanto concordato che il primo figlio maschio dei Rapagnetta (Francesco Paolo 1831-1883) fosse adot- tato dallo zio e dalla zia D’Annunzio-Lolli anche per preservare le ingenti proprietà. Francesco Paolo Rapagnetta acquisì pertanto per adozione, per motivi patrimoniali e non per discendenza naturale il cognome D’Annunzio. Egli sposò Luisa de Benedictis e nacquero 5 figli (Anna, Elvira, Ernestina, Antonio e Gabriele). Nella mia espressione mi chiedevo quanto Gabriele fosse geneticamente, e non solo anagraficamente, un D’Annunzio e quanto fosse invece un Rapagnetta per legge di natura, essendo suo padre Francesco Paolo figlio vero di Camillo Rapagnetta e figlio adottivo di Antonio D’Annunzio. Probabilmente non più di quanto lo fossero i numerosi altri appellativi attribuiti al Vate come l’immaginifico, l’inimitabile, l’artiere, l’ariel armato, l’esteta, le deé de la beauté, l’orbo veggente, il didimeo francescano, parnassien byzantin et symbolist... Ammetto sinceramente la mia scarsa capacità di identificare il Poeta con “Didimeo”, cioé con Apollo, e con “Ariel”, vale a dire con Altare o Leone di Dio. Per “prodezze” mi riferivo al valoroso volo su Vienna del 9 agosto 1918. Si trattò di circa 1.200 chilometri tra andata e ritorno. Nei 14.000 km² di territorio italiano occupati dalle truppe austro-ungariche erano dislocate numerose squadriglie da caccia e non un aereo si levò in volo. Lo stesso sui cieli austriaci. La possente artiglieria contraerea disposta a difesa della capitale non fu nemmeno allertata. Allora bastava un colpo di fucile per abbattere un “Ansaldo”, come accadde a F. Baracca. I telegrafi funzionavano benissimo e l’intercetta-