Una certa idea della Grecia
Non c’entrano niente Pericle e Aristotele: la storia greca che ci riguarda è la difficile lotta tra democrazia e autoritarismo mediterraneo
Non c’entra niente la Grecia di Pericle, patria della democrazia e di tanta parte della civiltà europea. La Grecia di oggi è figlia di una decina di secoli bizantini e di quattro o cinque secoli di regime turco- ottomano » . Lo splendido articolo di Giuseppe Galasso sul Corriere non ha fatto solo giustizia delle reminiscenze liceali in cui è incorsa la stampa di mezzo mondo. Ci ha ricordato che la Grecia di cui si discute oggi è il frutto di una storia molto più complessa, e anche di « due secoli di belle prove di un grande “piccolo popolo” ( moderno, non antico), che ha fatto sempre parlare di sé per la sua inesauribile tenacia... sempre alternando pagine di grande livello, come nella guerra presuntuosamente mossa dall’Italia nell’ottobre 1940, a pagine di altro stile, come negli anni del regime dittatoriale dei colonnelli » . Quando pensiamo la Grecia nella storia antica, tendiamo a sottodimensionarla. Ci viene in mente la città- Stato ateniese, e non ricordiamo che i greci colonizzarono l’Italia meridionale e le coste oggi turche dell’Egeo, e poi con il macedone Alessandro portarono la loro lingua, i loro dei, la loro poesia, i loro miti in gran parte del mondo allora conosciuto, fino ad esercitare una profonda influenza su Roma vincitrice. Ma quando pensiamo la Grecia oggi, tendiamo a cadere nella retorica, come se fossero in questione Platone e Aristotele. Lo pensavano anche Byron e i romantici, venuti a soccorrere i greci in lotta contro il secolare giogo turco, convinti di trovarsi di fronte filosofi in toga e non pastori che cucinavano piatti ottomani ( come quelli che ancora oggi si gustano ad Atene). La storia della Grecia di questi ultimi due secoli è in effetti l’alternanza tra pagine nobile e altre velleitarie. Si pensi al disastro della guerra portata e persa in Turchia dopo il primo conflitto mondiale, che provocò la disastrosa fuga dei greci da Smirne e dalle altre città dell’Egeo. Questa Grecia ci riguarda sul piano politico tanto quanto l’altra Grecia ci riguarda sul piano culturale. Galasso ricorda giustamente come Giustino Fortunato, “meridionalissimo e appassionato conoscitore della storia e della realtà del Mezzogiorno, affermava che l’unità italiana aveva legato il suo amatissimo Paese all’Europa, sottraendolo al sempre incombente rischio di una sorte legata invece ai destini ricorrenti dei Paesi che con esso si affacciano sullo stesso mare”. Purtroppo la straordinaria conquista che fu l’unità d’Italia, con la scuola pubblica gratuita e obbligatoria, la laicità dello Stato, l’abolizione dei ghetti e della forca, l’inizio della graduale e lenta espansione dei diritti civili e della democrazia, oggi al Sud ( come al Nord) viene ampiamente disconosciuta, si rivalutano i Borbone, i sanfedisti e i briganti; e prima o poi nascerà una Lega sud, non con Micciché o con Salvini, non come sottomarca di un partito nordista, ma come consolatoria riaffermazione dell’orgoglio sudista; e allora davvero rischierà di sfasciarsi tutto. L’ancoraggio dell’Italia mediterranea all’Eu- ropa democratica era fallito con le repressioni sabaude, con l’azzardo della Grande Guerra, con l’avvento del fascismo. La storia ricomincia con il 1945, la liberazione ( anch’essa oggi denigrata), la Costituzione e il nuovo ancoraggio rappresentato dall’Europa; che però non è acquisito per sempre. Ancora alla fine degli anni ’ 60, il presidente dell’Eni Marcello Boldrini definiva l’Italia l’unica democrazia affacciata sul Mediterraneo. All’evidenza, Boldrini non considerava una democrazia la Francia gaullista, nata in effetti da un colpo di Stato, sia pure legittimato dal voto ( 1965, ballottaggio De Gaulle- Mitterrand; insomma, come Salvini- Grillo, o giù di lì). Certo non erano democrazie la Spagna di Franco, il Portogallo di Salazar, la Jugoslavia di Tito, l’Albania di Hoxha, la Turchia dei generali, i regimi nordafricani socialisteggianti, e appunto la Grecia dei colonnelli. Perdere oggi l’ancoraggio europeo per naufragare nel mare magnum del populismo sarebbe un disastro, per la Grecia come per l’Italia, per il Sud come per il Nord. Questa è la posta in gioco; altro che Temistocle. Grazie professor Galasso per avercelo ricordato.