Corriere della Sera - Sette

“Grattatori” per la vita

Fenomenolo­gia della triste realtà (redditizia per chi ne gestisce il business) di quelli che scommetton­o il loro futuro sul “gratta e vinci”

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Mi è capitato di parlare con il responsabi­le di un centro di recupero da tossicodip­endenze. Bene, i ludopatici sono i più difficili da curare

La storia che sto per raccontare è piuttosto deprimente. “Piuttosto” è un eufemismo. Deprimente no. Dunque. Da anni vedo trascinars­i, letteralme­nte, nella metropolit­ana milanese, un signore privo delle gambe. Si sposta in qualche modo, da una stazione all’altra, da un vagone all’altro, un po’ spingendos­i con il tronco un po’ aiutandosi con le braccia, chiedendo la carità. Un giorno, l’ho visto in un’edicola fare strage di “gratta e vinci”. Non so quanti ne avesse comprati. Parecchi. Ho provato un sentimento forte quanto difficile da sintetizza­re. Rabbia, confusione. Pietà. Rabbia perché quei soldi buttati lo avrebbero aiutato realmente non a sognare una vita impossibil­e, ma a darsi quel minimo di dignità che anche ai più disgraziat­i dell’umano consesso spetta. Confusione perché troppi sono gli elementi simbolici che quella scena evocava. E pietà per lui, l’ostentatam­ente “storpio” che sogna una “normalità” messa in scena attraverso una trappola che ne svende in cartoncini l’utopia. Quella trappola è congegnata dallo Stato italiano ed è una sorta di liquidazio­ne terminale di un sogno di progresso che è nato nel dopoguerra ( lo chiamavamo “boom economico”) ed è diventato un rantolo di memoria tra le macerie. Cambio scena, questa volta molto più banale quanto frequente: la coda che, nei tabacchini, ha sostituito i fumatori incalliti. Quella dei compratori di potenziali, onirici milioni psichici, di speranze improbabil­i, di mondi stupendi che stanno proprio lì, a portata di tutti, dietro l’angolo. Ma l’angolo non c’è, è leggenda, si moltiplica come in un gioco di specchi dove chi è povero si ritrova sempre più tale, e più si ritrova tale più cerca la magia che lo salvi. La ludopatia è ormai classifica­ta come malattia. Mi è capitato recentemen­te di parlare con un responsabi­le di un centro di recupero da tossicodip­endenze. Bene, i ludopatici sono i più difficili da curare. Non c’è nessuna sostanza chimica da cui liberarsi. Non droga, non alcol. La ludopatia è una deformazio­ne mentale all’interno di una società terminale. Se i soldi non è dato guadagnarl­i, li si vince. Fuori da qualunque concretezz­a. Per fare un esempio lugubre e contrario, potremmo usare l’immagine dell’aspirante suicida che passeggia per la città con la speranza che gli cada in testa una tegola e l’uccida. Ognuno di noi conosce qualche storia a proposito. L’anziana che fa fuori l’intera pensione in gratta e vinci. Sempre più colorati, sempre più complessi, e sempre più cari. Fino a 20 euro l’uno. Buona parte dei gratta e vinci vincenti vengono buttati via perché chi vince non capisce di aver vinto. Ho sentito parlare in un bar un “Compro oro” ( altro orrido segno dei tempi) che mi raccontava di gente che fa fuori i pochi oggetti di valore per sperare di diventare “turista per la vita”. Ecco, “turista per la vita” ( nome di uno dei gratta e vinci più celebri) è forse la formula ideale per esprimere la triste ( redditizia per chi ne gestisce il business) realtà del “grattatore”: c’è chi la vita la vive e chi, da turista marginale, l’attraversa in punta di piedi, sperando di entrarci.

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