L’autentica poesia? È figlia di un paradosso
« Il poeta è un fingitore./ Finge così completamente/ che arriva a fingere che è dolore/ il dolore che davvero sente.// E quanti leggono ciò che scrive/ nel dolore letto sentono bene/ non i due che egli sentì/ ma solo quello che non gli appartiene.// E così sui binari in tondo/ gira, per intrattenere la ragione,/ questo trenino a molla/ che si chiama cuore » .
In questa breve, ma densissima, poesia, Pessoa ci parla dell’arte di comporre poesie. Il poeta— come già il titolo annuncia: « Autopsicografia » — compie un viaggio nei meandri della coscienza per spiegarci il mistero della creazione poetica. La parola chiave sta nel primo verso: « Il poeta è un fingitore » . Chi scrive versi deve, soprattutto, saper “fingere”. Non a caso Pessoa ha scelto un termine polisemico: “fingere” significa “formare”, “modellare”; ma significa anche “rappresentare per mezzo dell’arte” ( un pittore, mentre dipinge, “finge” l’oggetto che sta plasmando). Così l’immagine poetica, per essere comunicata, deve passare attraverso la fantasia. Il poeta « Finge così completamente/ che arriva a fingere che è dolore/ il dolore che davvero sente » : chi scrive, insomma, per raccontare il dolore vissuto ha bisogno di immaginarlo. Solo dopo averlo “finto”, il dolore è pronto per una nuova avventura. Il lettore, infatti, nel dare vita ai versi attribuisce al « dolore letto » un ulteriore significato: non è più il dolore veramente vissuto dal poeta, né il dolore che il poeta ha “finto” ( « non i due che egli sentì » ) , ma si tratta di un dolore che non appartiene più al poeta ( « ma solo quello che non gli appartiene » ) e che riguarda esclusivamente chi legge ( con un ulteriore sdoppiamento: il dolore reale del lettore e il dolore immaginato dal lettore mentre interpreta i versi). Adesso, nella terza strofa, la complessa struttura ermeneutica si concretizza in una nuova immagine: la poesia è frutto ( nella scrittura e nella lettura) di un movimento circolare ( « binari in tondo » ) generato dal cuore ( i sentimenti autentici che proviamo) e dalla ragione ( l’atto creativo del “fingere”). L’autentica poesia è, infatti, figlia di un paradosso. Pessoa ( straordinario inventore di eteronimi) ci mostra che solo “fingendo” (“mentendo”: la data, 1 aprile, è casuale?) il poeta ci può dire la “verità”: l’uomo non è uno, ma multiplo. Tanti “io” possono abitare in un solo essere.