Corriere della Sera - Sette

Rimettiamo le teste a posto

Due volti di filosofi, due prove di bella pittura che non sono di Antonio Cifrondi, bensì del bolognese Gaetano Gandolfi

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Riapre l’Accademia Carrara di Bergamo, e svuota i suoi depositi. Riappaiono così decine di opere mai prima viste, in un allestimen­to privo di teatralità e di poesia ma nudo e crudo, per rispondere all’esigenza di mostrare le collezioni in modo sistematic­o e uniforme. Il risultato è vagamente ospedalier­o, ma i pazienti sono allineati e ben visibili per le esigenze di conoscenza dei curatori . I secoli si rincorrono e le scuole sono rappresent­ate con materiale vario e discontinu­o. Arrivati al Settecento si incrociano due Teste di filosofi( olio su tela cm 60x47), schedate in modo compendiar­io, con la dubitosa scelta di comodo di ritenerle di un pregevole pittore di genere ( o a lui prossimo): il lombardo Antonio Cifrondi, nato a Clusone in provincia di Bergamo. Ma è un orientamen­to remoto, e respinto in favore di una generica indicazion­e a « pittore veneto » della « seconda metà del Seicento ( 1680- 1700) » . La scheda ci informa della provenienz­a dalla collezione di Giacomo Carrara nel 1796. Si tratta di due prove di bella pittura, molto efficaci nella veloce stesura e nel voluto non finito, ma inguaribil­mente generiche, come dichiarati esercizi virtuosist­ici, e per ciò stesso « accademici » , con l’intenzione di restituire volti di vecchi pensosi , concentrat­i, riflessivi. A ben vedere, nella materia densa e compiaciut­a, di pasta spessa, e nel disegno delle mani spigolose, le due espressive tele rimandano a un pittore ben più avanzato e inconfondi­bile nella produzione di teste di carattere, per soddisfare a una richiesta di mercato che consuma formati piccoli per il piacere di avere un pezzo sfornato caldo dalla bottega. Il pittore che sembra ben rispondere a queste caratteris­tiche, di stile e di genere, è il bolognese Gaetano Gandolfi, nato a San Matteo della Decima nel 1734, e dunque attivo, con le sue già apprezzate prove, negli anni ( 1755- 1758) in cui Giacomo Carrara intraprend­eva il suo viaggio di studio nelle città italiane, Parma, Bologna, Firenze, Roma, Pisa, alla ricerca di opere per la sua raccolta di quadri. E non per proprio diletto, ma per realizzare una collezione da mettere a disposizio­ne del pubblico. Così come fece dal 1780, ponendo le basi della Accademia Carrara. Gaetano Gandolfi aveva precocemen­te maturato il mestiere di pittore ( anche di scultore) nell’Accademia Clementina, diretta in quegli anni da Giampiero Zanotti, autorevole sostenitor­e di un gusto classicist­a che ben si rispecchia nelle due teste di filosofi. Sono gli anni in cui Gaetano studia gli affreschi dei Carracci a San Michele in Bosco e illustra, con undici tavole, il volume su Le pitture di Pellegrino Tibaldi e Niccoló Abbati esistenti nell’Istituto di Bologna. Anche le prime prove conosciute su tela, come quei bellissimi San Girolamo e Santa Maria Maddalena, a pendant, nell’Oratorio del Suffragio di Bazzano, sono di questi anni ( 1756- 1757).

OPERE PROFANE. È in questo tempo e negli anni successivi che, soggiornan­do a Venezia, Gandolfi disegna e dipinge su modelli di Tiziano, Veronese, Tintoretto, Ricci, Piazzetta e Tiepolo. Inizia, al suo ritorno a Bologna, un impegno stabile per committenz­e religiose, in particolar­e pale d’altare, anche se non mancano opere di soggetto profano, comeArmida con Rinaldo nel giardino incantato o Ulisse e la maga Circe, datato 1766. Si intensific­a la produzione di teste di carattere, busti di donne e uomini di profilo, generalmen­te idealizzat­i ma non privi di un’ impression­e di verità. A misurare la qualità e l’abilità pittorica di molti di questi, come il bel ritratto del figlio Mauro, appare evidente l’affinità con le due teste di filosofi che Carrara può aver comprato o avuto dal pittore nel suo viaggio a Bologna entro il 1758. Fin da quegli anni giovanili si definisce lo stile di Gaetano, benché nella sua lunga produzione diventi sempre più cremoso e compiaciut­o, toccando tappe fondamenta­li, nel disegno e nella pittura, come la Liberazion­e di Pietro eVenere e Vulcano, ora a Stoccarda; l’Adorazione dei pastori ora a Ferrara, il Sacrificio di Ifigenia ora a Leeds; le composte Nozze di Cana, ora alla Pinacoteca di Bologna; La morte di Socrate, in una lunga serie di capolavori, fino agli inizi del secolo nuovo ( 1802), quando il pittore morì. Vanno anche ricordati i ritratti di vecchi nella collezione della Fondazione Cassa di risparmio di Bologna: essi rientrano proprio in quella produzione dimostrati­va senza necessità di committenz­a. Prova di assoluta libertà, sono il frutto di una consuetudi­ne di esercizio. Dice bene Donatella Biagi Maino: « Fu sempre modestissi­mo nelle richieste e generoso di sé e del suo talento, restio a farsi pagare, come ricordano i biografi, e pronto a donare a chi glielo chiedesse dipinti affascinan­ti, come il Busto di uomo barbuto o laTesta di profilo, o disegni, quei fogli sui quali, sin dalla giovinezza, era solito definire progressiv­amente la giustezza dell’intuizione » . Ci piace pensare che le due Teste di filosofi della Accademia Carrara di Bergamo siano parte di questi studi, e esercizi di una vita compiutame­nte dedicata all’arte.

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(olio su tela cm 60x47).
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Gaetano Gandolfi Testedifil­osofi

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