Corriere della Sera - Sette

Ankara accusata di sfruttare l’Isis per colpire il Pkk. E Washington alimenta la confusione

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Nelle scorse settimane si è parlato molto del nuovo coinvolgim­ento della Turchia nella guerra regionale contro l’Isis in Siria e Iraq. Se, fino allo scorso luglio, il governo di Ankara veniva non solo accusato di essere immobile di fronte alla minaccia costituita dal jihadismo in salsa Califfato, ma addirittur­a c’era chi lo accusava di qualche forma di collusione con l’Isis, l’attentato del 20 luglio a Suruc — nel Sud-Est della Turchia — che ha provocato la morte di 32 giovani attivisti turchi, sembra aver fatto tornare il Paese sui propri passi. Da quel momento, la Turchia ha deciso di concedere agli Stati Uniti la base aerea di Incirlik, fino a quel momento negata, per poter condurre operazioni contro l’Isis in Siria. Qui, però, sono nati anche i problemi legati sostanzial­mente all’annosa questione curda. Da un lato, infatti, Ankara continua a concentrar­e i propri sforzi bellici non solo contro l’Isis, ma anche contro postazioni del Pkk (il movimento curdo turco guidato da Abdullah Ocalan e ritenuto un’organizzaz­ione terroristi­ca sia dalla Turchia che dall’Occidente) nel Nord dell’Iraq, dando l’impression­e che la campagna contro il Califfato sia in realtà un pretesto per colpire i curdi. Dall’altro, è nata la polemica con gli Stati Uniti su chi appoggiare in funzione anti-Isis in Siria. Gli Usa, infatti, non hanno mai nascosto di sostenere i guerriglie­ri curdi dell’Ypg (Unità di Protezione Popolare), braccio armato del Pyd (Partito di Unione Democratic­a), il partito curdo siriano. Il problema è che il Pyd sia considerat­o una sorta di organizzaz­ione ombrello dello stesso Pkk. Come dire: appoggiare il Pyd equivale a dare man forte al Pkk, e la Turchia non ci sta. Da qui le accuse reciproche tra Washington a Ankara, che lasciano intendere come i rapporti tra i due Paesi siano tutt’altro che distesi. Il quadro si complica se si pensa che allo stesso tempo, però, Obama ha dato il suo via libera alla Turchia per colpire il Pkk. E la domanda sorge spontanea: con chi stanno gli Stati Uniti, se con una mano armano i curdi (siriani) e con l’altra concedono ad Ankara di indebolire i curdi (turchi), e le due formazioni sono collegate? Questo è il prezzo da pagare per ottenere un aiuto logistico da parte della Turchia contro l’Isis, a quanto pare. E, in tutto ciò, lo stesso processo di pace interno tra Turchia e Pkk avviato nel 2013 con il cessate-il-fuoco unilateral­e di quest’ultimo, è ormai nuovamente saltato. Un esempio di come sia complessa la politica mediorient­ale…

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di Stefano M. Torelli

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