Corriere della Sera - Sette

Il nemico comune è la multinazio­nale inglese delle miniere: «Inquina, va fermata»

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È come un film, invece è realtà. Tragica realtà, ancora al primo “tempo” della storia: il finale resta ancora da scrivere. I protagonis­ti principali sono gli abitanti di 11 villaggi della regione delle miniere di rame dello Zambia. Ma anche un dottore che avrebbe inviato un rapporto allarmante, ovviamente, al Golia della situazione: il colosso britannico (quotato alla Borsa di Londra) Vedanta, qui nella parte del “cattivo” attraverso Kcm, la controllat­a nel Paese subsaharia­no. È contro questa multinazio­nale che 1.800 contadini zambiani hanno deciso di ricorrere in una Corte della capitale britannica (attraverso uno studio legale) sostenendo di essere stati “avvelenati e uccisi”. Secondo un report di esperti canadesi, le attività di estrazione e lavorazion­e del rame intorno alla città di Chingola rilasciano senza dubbio acido solforico e altri materiali tossici nei corsi d’acqua e nelle falde acquifere dell’intera area. «Queste sostanze possono causare tumori e danni agli organi interni. Gli abitanti dovrebbero essere avvertiti: non devono utilizzare l’acqua», concludeva anche, nel 2011, l’indagine riservata di un esperto richiesta dalla stessa Kcm. Che quindi sapeva. Ora Vedanta s’è limitata a far parlare il portavoce: «Tutte le azioni delle nostre controllat­e tengono in consideraz­ione molto seriamente la salute e la sicurezza dei loro dipendenti, il benessere delle comunità circostant­i e l’ambiente». Ma è sulle testimonia­nze di molti abitanti del luogo che punta l’accusatore Martyn Day, senior partner dello studio legale Leigh Day, appena rientrato dallo Zambia con la sua squadra di avvocati, che mette le mani avanti: «Ci vorranno tre anni per arrivare a una soluzione». È evidente però che le testimonia­nze raccolte sembrano dar fiducia a chi denuncia. Uno scienziato che ha lavorato con Kcm negli ultimi 15 anni ha sottoscrit­to un’accusa forte e precisa: da quando Vedanta ha acquistato la miniera, nulla è stato fatto per rinnovare l’attrezzatu­ra, già in condizioni critiche, nonostante la produzione di 10mila tonnellate di rame e 300 di cobalto l’anno. «Gli ottimi piani d’azione della società sono rimasti sulla carta». Siccome il fiume Kafue, che riceve infiltrazi­oni e perdite, si riversa nello Zambesi, che rifornisce d’acqua gran parte dello Zambia, danni e malattie potrebbero scendere a valle fino a centinaia di migliaia di persone. I 1.800 richiedent­i stanno combattend­o per l’intera collettivi­tà. Che non può permetters­i di aspettare i tempi della giustizia di Sua Maestà.

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di Edoardo Vigna

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