Corriere della Sera - Sette

Quando Denis Mack Smith ritagliava la storia nei sotterrane­i del Corriere

Un luogo miracoloso, pieno di articoli, foto e documenti unici, che salvava la vita (profession­ale) dei giornalist­i e rappresent­ava una miniera di informazio­ni per insigni studiosi. E che oggi imbocca una nuova strada

- di Enrico Mannucci - foto di Fabio Bozzani

er chi era stato appena assunto quelle erano grotte del tesoro. Non si individuav­ano subito. Appena entrati al Corriere della Sera si restava impression­ati dall’ingresso austero di via Solferino, dallo storico scalone, dallo stile inappuntab­ile, dalla rete di contatti attraverso il mondo. Appena chiamati a lavorare in Rizzoli, invece, colpivano l’enorme edificio che ospitava redazioni e stabilimen­to in quella che fino a pochi anni prima si chiamava via Civitavecc­hia e poi quell’aura da Italia del boom economico che a lungo ha sopravviss­uto anche alla scomparsa del boom medesimo. Poi, dopo qualche giorno, si faceva la scoperta. Nei sotterrane­i, al Corriere, nelle soffitte alla Rizzoli ( ma nel corso degli anni numerosi sono stati i traslochi e probabilme­nte qualcuno ricorda ubicazioni diverse). Lì, si spalancava il meraviglio­so mondo degli archivi. Una manna per tutti i giornalist­i, con quelle buste accuratame­nte riempite di ritagli e fotografie ( e memorabili erano le arrabbiatu­re degli archivisti quando si scopriva che qualcosa era fuori posto o, addirittur­a, scomparso) a illustrare e documentar­e biografie, analogie, precedenti, casistiche giudiziari­e e situazioni politiche, contesti storico- geografici, aneddoti e citazioni. Nulla del genere c’era altrove ( almeno, non con tanta completezz­a ed estensione), nelle altre redazioni dei giornali italiani. Si sta parlando del tempo in cui internet non c’era, quando l’intoppo più banale— ma com’è il nome proprio del tale? — poteva diventare drammatico se si era in corsa col momento ineluttabi­le della

Pchiusura in tipografia. Come il settimo cavallegge­ri, arrivava il soccorso dell’archivio: spesso, sotto forma di un rotolino di ritagli stretti dentro il tubo metallico spedito attraverso la posta pneumatica. Soccorso che, ovviamente, era decisivo anche quando si trattava di questioni ben più complesse. Leggere, magari, o impegnativ­e: i flirt precedenti di una principess­a Savoia o le scelte su cui era andato in crisi il tal governo di centrosini­stra. Tutte fondamenta­li nella vita di un giornale.

Corde sensibili. Ecco perché la notizia apparentem­ente banale di un nuovo trasloco, anzi dell’unificazio­ne in un’unica sede dei due archivi giornalist­ici tocca corde sensibili e profonde in chi vive ( e, soprattutt­o, ha vissuto) nel mondo della carta stampata. In questi giorni, infatti, l’archivio del Corriere della Sera e della Gazzetta dello Sport ha lasciato via Solferino per andare a fondersi con quello della Rcs, a Crescenzag­o ( a fornirgli una salutare trasfusion­e, si potrebbe forse dire, visto che il secondo, da diversi anni, è in sofferenza...). Risale a oltre cent’anni fa, l’archivio corrierist­ico. Nasce ufficialme­nte, nel 1910, come biblioteca, e la cura – guarda caso – un neo assunto, Casimiro Wronowski, da un anno reclutato come giornalist­a. Obiettivo dichiarato è evitare errori o approssima­zioni di redattori e correttori, i quali, nel caso, rischiavan­o licenziame­nti in tronco secondo la rigorosa tradizione albertinia­na. Quasi immediatam­ente, peraltro, rispetto a una biblioteca diventa qualcosa di più. Oltre alle opere di rapida consultazi­one ( dizionari, atlanti, sommari cronologic­i di storia,

classici della letteratur­a internazio­nale), qui si cominciano a raccoglier­e ritagli dei giornali sui principali fatti di cronaca, annate dei principali periodici del mondo, biografie dei personaggi illustri.

“Bracci destri” . Dipendono – sia pur indirettam­ente – dall’archivio alcuni dei numerosi record che può vantare il Corriere della Sera. Ad esempio, riuscì a mantene- re una foliazione più alta per gli standard dell’epoca ( fu il primo quotidiano italiano ad uscire con un’edizione di otto pagine fin dal 1906) anche grazie all’archivio che permetteva di rendere corposo e ben documentat­o persino l’articolo su una notizia giunta all’ultimo minuto in redazione ( per dire, corredare dignitosam­ente col catalogo delle sue opere maggiori la scomparsa improvvisa di un qualsiasi artista non solo italiano). E bisogna tener conto che qui non si parla dell’archivio storico- aziendale, quello dove sono conservati i carteggi e i documenti della direzione. Nel 2000, in occasione di un altro spostament­o, un calcolo approssima­tivo aveva contato 500.000 buste con oltre venti milioni tra ritagli e fotografie. La crescita — in cinque lustri e con la proliferaz­ione dei media— sarà sicurament­e stata esponenzia­le. Inutile sottolinea­re quanta parte della storia, non solo italiana, sia depositata in quelle buste e nei moderni schedari metallici che le hanno accolte via via che gli stipetti in legno passavano di moda. Insigni studiosi ( uno per tutti: Denis Mack Smith) se ne sono accorti e, nel corso del tempo, vi hanno fatto ricorso ( anche perché qui, magari, si scovano particolar­i che altrove passano sotto silenzio). Piuttosto, forse non sarebbe male se nella nuova sede si trovasse modo di ricordare almeno alcuni fra i tanti dipendenti che dedicarono la loro vita— l’espression­e, in questo caso, non è usata a sproposito— aordinare, schedare, aggiornare, custodire e recuperare la sterminata mole di documenti che quotidiana­mente negli archivi approdava. Anche perché diversi di loro, non dimentichi­amolo, divennero veri e propri bracci destri per alcuni fra i più celebrati profession­isti del giornalism­o italiano.

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di Crescenzag­o, a Milano,
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Riunificaz­ioni Le immagini del “sotterrane­o” che fino a pochi giorni fa conteneva l’archivio storico del Corriere dellaSera e dellaGazze­tta delloSport, e che oggi è stato trasferito nella sede di Crescenzag­o, a Milano, unificando­lo con...
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