Le parole sono pietre e Pietro ne approfitta
Non è colto, ma ha l’istinto dell’oratoria. Così l’Eremita conquista il popolo con i racconti dalla Terrasanta e le invettive contro gli infedeli
Verba volant, scripta manent. Tradizionalmente si attribuisce l’espressione alla parte di un discorso pronunciato in Senato dal romano Caio Tito e altrettanto tradizionalmente si traduce in « le parole volano e gli scritti restano » , immaginando la necessità delle parole scritte per rendere più efficaci accordi, alleanze e ogni altro rapporto interpersonale. Lo scritto dovrebbe lasciare tutti più tranquilli nella direzione proverbiale della « carta canta e villan dorme » . Ma esiste un’altra prospettiva. In un mondo nel quale in pochi sanno leggere e scrivere, « verba volant, scripta manent » può voler indicare esattamente il contrario: le parole dette volano e arrivano ovunque, mentre gli scritti se ne stanno là a prendere polvere. Del resto la Fama, la divinità pagana, ha cento bocche, cento occhi, cento orecchie: per vedere, ascoltare, raccontare. Così in tutte le epoche precedenti la prevalenza dell’immagine ( quindi, fino a una trentina di anni fa), le persone si riconoscevano per la fama del nome e non per la fisionomia di viso e corpo. Sono le parole dette ad aver for-
Il ritorno del predicatore da Gerusalemme
za e ad infiammare gli animi. Lo sa Pietro l’Eremita. O meglio, lo immagina Pietro l’Eremita. È un predicatore. Non è colto, ma sa come far presa sulla gente. Sa come parlare alla pancia della gente. Il problema del momento è senz’altro la conquista di Gerusalemme da parte degli infedeli. Papa Urbano II ha tuonato contro di loro il 27 novembre 1095, un giorno prima della fine del Concilio di Clermont, raccogliendo un sentire comune. I luoghi santi di Gerusalemme e non solo sono nelle mani degli infedeli e non è più sicuro andare fin laggiù in pellegrinaggio. Lo dice il popolo dei cristiani, lo conferma l’imperatore d’Oriente, Alessio I Comneno: chiede aiuto al Papa per combattere contro i turchi. Insomma, il pensiero popolare e diffuso è: « Stanno profanando i luoghi di Cristo! » . Il Papa chiama a raccolta, il popolo risponde e Pietro si fa parte dirigente. Le sue prediche sono seguite da centinaia di persone in piazza. Non sanno leggere, ma sanno ascoltare. E quell’uomo parla bene. Racconta le umiliazioni subite dai cristiani in Terrasanta, riferisce di una sua visita e di cosa hanno visto i suoi occhi, nonché l’appello del patriarca di Gerusalemme: chiede aiuto e chiede aiuto con una voce flebile, provata dalle violenze e dalla paura. La folla partecipa: le parole di Pietro dipingono il volto sofferente di chi subisce laggiù, a Gerusalemme, dove tutto è iniziato. È un sacrilegio, è una bestemmia, è profanazione. Il crescendo non si arresta e Pietro ricorda di essere stato là e di aver risposto così alle parole impaurite del vecchio patriarca: « Padre venerabile, ora ne so abbastanza e vedo bene quanto deboli siano i cristiani che stanno con te e a quante prepotenze da parte degli infedeli soggiaciate. Perciò, per la grazia di Dio, la vostra liberazione e la preservazione di ciò che è sacro da ogni ingiuria io, se con l’aiuto divino tornerò vivo là donde sono venuto, visiterò prima il Papa e poi tutti i principi cristiani re, duchi, conti e governanti facendo a tutti presente lo stato miserabile della vostra schiavitù e le vostre intollerabili sofferenze… » . Non so se siano state queste le parole pronunciate da Pietro: il racconto è di Alberto di Aquisgrana. Dobbiamo necessariamente immaginare un coinvolgimento generale, una partecipazione forte, trascinata dalla voce di quel testimone vivente. Chi ascolta, non immagina nemmeno dove possa essere la Terrasanta, pur sapendo del sepolcro di Cristo, delle grandi basiliche cristiane, della possibilità di espiare i peccati andando laggiù. E ora la gente ascolta un predicatore di ritorno da quella terra. Dice di aver parlato con il custode, di aver visto di persona le nefandezze degli infedeli, di aver garantito un intervento direttamente su Papa e cavalieri. Papa e cavalieri: ma quando mai quei contadini hanno visto l’uno e gli altri. Ma quando mai quei contadini hanno avuto la fortuna di ascoltare chi era rientrato dalle terre di Cristo. Quando mai. Pietro percepisce lo stupore della folla e necessariamente incalza. E racconta. Racconta di aver visto calare la notte, di aver pregato sul Santo Sepolcro, di esser stato sorpreso dal sonno, perché stanco, sfinito. Allora appare in sogno Gesù Cristo in persona, immancabile nei racconti per convincere i fedeli: dall’apparizione di Costantino in poi, c’è sempre un sogno rivelatore con tanto di discorso autografo della divinità. In piazza è silenzio, perché non è più Pietro a parlare, ma direttamente Cristo. E Pietro ne interpreta le intenzioni. Parola di Cristo ( Pietro!): « Pietro, figlio dilettissimo fra i cristiani! Appena ti sveglierai, tornerai dal mio patriarca e prenderai da lui una lettera credenziale che ti faccia mio ambasciatore, sigillata col sigillo della santa croce. Avutala, ti affretterai quanto più possibile a tornare in patria, dove narrerai le calunnie e le offese recate al mio popolo e ai luoghi santi e inciterai i cuori dei fedeli a purificare i luoghi santi di Gerusalemme e a ripristinare le sacre cerimonie. Infatti, attraverso pericoli e tentazioni, le porte del paradiso si apriranno ai chiamati e agli eletti » . Mi piace immaginare un silenzio stupefatto, in piazza: la gente sta ascoltando la parole di Cristo. Pietro ne è consapevole e continua, affabulando. Così come è apparso, Cristo sparisce e Pietro si sveglia. È l’alba. Ritorna dal patriarca per raccontare i dettagli della visione in sogno. Il patriarca scrive la lettera credenziale con tanto di sigillo e ringrazia Pietro, oramai incaricato di una missione divina. Con la lettera si mette in viaggio fra mille pericoli, dettagliati per lo stupore della gente: i racconti di viaggio del lungo Medioevo sono territorio di fantasie incredibili, popolati da mostri e pericoli, salvezze ottenute pregando e con l’aiuto concreto del cielo. La destinazione è Roma, città del Papa. Perché Dio lo vuole.
8 - continua
L’oratore coglie lo
stupore della folla, dunque incalza. Racconta. Fino a interpretare le
intenzioni di Cristo