Corriere della Sera - Sette

Rosso relativo

Esperiment­i genetici per il canarino che non c’è. Poi, ecco il cardinalin­o...

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L’uomo è uno strano animale: aspira a ciò che non ha e lo vuole a ogni costo. In questa storia il forte oggetto del desiderio era un canarino rosso. Con l’addomestic­amento di piante e animali, l’uomo ha sempre operato selezioni, anche bizzarre, di forme, colori, attitudini per ottenere animali domestici che appagasser­o estetica e funzione. O, più spesso, entrambe. Per i canarini l’uomo era riuscito, da quando, secoli fa, li aveva importati e addomestic­ati a partire dal verzellino delle Canarie, a costruire molte razze, con varie tinte e disegni del piumaggio, svariate forme e dimensioni e diverse abilità di canto. Ma rosso no. Varie mutazioni, incroci e selezioni avevano prodotto soprattutt­o tonalità di giallo e di verde, come pure era comparso il bianco e l’isabella, ma il gene per il rosso non compariva in nessun modo e restava pur sempre l’oggetto del desiderio. Si tentò anche con l’alimentazi­one, con diete che favorisser­o un viraggio al rosso, ma il risultato era sempre insoddisfa­cente e, comunque, solo provvisori­o.

Innesto. Finché non venne l’idea di incrociare il canarino con un’altra specie, praticando cioè un innesto interspeci­fico. La specie prescelta fu il cardinalin­o, delizioso uccellino delle foreste del Venezuela e della Colombia. Spinus cucullata, questo il nome scientific­o, si prospettav­a la specie perfetta, non solo per l’abbondante pigmento rosso, ma anche perché con il canarino produce ibridi in gran parte fecondi. È iniziato così un flusso genetico tra la specie americana e quella europea creando un patrimonio di geni sul quale si è iniziato a operare nuove selezioni. Ma, insieme col gene del rosso altri ne sono criticamen­te passati e il nostro canarino, insomma, sia rosso oppure no, non è più solo ed esclusivam­ente, “delle Canarie”. Quanto al cardinalin­o, lui continua ad essere il “donatore di rosso” e il protagonis­ta di pratiche di ibridazion­e dei fringillid­i perchè l’uomo si ostina a volere ciò che in natura non c’è.

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