La gogna dei fascisti ora è un’altalena
L’ho girata abbastanza, l’Africa. Ma quando sono arrivato in Etiopia, ne ho scoperta una fuori da tutti gli stereotipi. E ho capito che andava raccontata». Per Marco Paoli, 56 anni, fotografo fiorentino, già autore d’opere monografiche su ambiente e culture popolari ( la prima volta fu nel 2009 assieme a un’onlus che assiste i bambini di strada nel sud. «Ma di questo Paese mi ha colpito subito la cultura millenaria che sopravvive nelle architetture, nelle tradizioni: un caso raro, nell’Africa subsahariana. E poi la convivenza di religioni ed etnie, un mondo pacificato tra vicini turbolenti come la Somalia o l’Eritrea». Il libro da cui sono tratte le immagini di questo servizio ( Giunti 2015, pp. 224, 39 euro, a sinistra la copertina) nasce dopo cinque lunghi viaggi, «sempre con qualcuno che mi aiutasse con le lingue, perché ce ne sono 72 diverse, centinaia di dialetti e l’inglese si parla solo ad Addis Abeba». Una forma di «risarcimento culturale di noi italiani», dice Paoli: «Laggiù ne abbiamo combinate tante. E in eredità non abbiamo lasciato solo parole come “bullone” o “cacciavite”, che gli etiopi usano ancora. Un giorno sono andato a un mercato in cima a una collina e ho visto una strana altalena. Ci giocavano i bambini. Ma non era un’altalena: era la gogna dei fascisti per le punizioni pubbliche». Il 16 novembre, le foto di Marco Paoli saranno esposte al Palazzo dell’Onu di New York.