In sostegno dei prof
Pur non essendo preparati, assistono i ragazzi problematici
Raccontavo, negli scorsi numeri, del lungo percorso, costellato di fatica e di sigle ministeriali, di un’ ex precaria della scuola, la prof Sara Zoccoli, ora di ruolo per Materie letterarie alla scuola media Silvio Pellico di Arese ( Milano). Ed eravamo arrivati a un momento topico della sua carriera, una supplenza per delle ore di sostegno in una scuola media. Perché topico? Perché, spiega Sara, « ora ci si abilita al sostegno tramite il Tfa, cioè le 1.500 ore del Tirocinio formativo attivo, o con i Pas, cioè i Percorsi abilitanti speciali, destinati ai docenti con contratto a tempo determinato che abbiano prestato servizio per almeno tre anni nelle scuole statali o paritarie. Quando però le graduatorie del sostegno si esauriscono, le scuole sono autorizzate a far scorrere le graduatorie di istituto di tutte le classi di concorso per trovare i docenti di cui hanno bisogno.
Un labirinto di sigle. Quindi molto spesso gli insegnanti di sostegno — soprattutto alle scuole medie, dove ne servono molti di più che alle superiori — non sono abilitati al sostegno, ma insegnerebbero altro… vale a dire che non hanno alcuna preparazione specifica. E così accadde a me, ma solo per quattro ore settimanali. Grazie al cielo, la ragazza era un caso semplice » . Nella mia ormai remota storia di preside, ho visto tanti casi simili. È normale: pur di poter lavorare ci si butta, e garantisco che il sostegno non è cosa facile. Come ha fatto Sara? « Mi sono arrabattata, ho chiesto un po’ qui e un po’ lì, un po’ a que- sto e un po’ a quell’insegnante. Ho recuperato il Pei, cioè il Piano educativo individualizzato della ragazzina, e ho tirato fino alla fine dell’anno. La aiutavo in italiano e… in matematica, giuro! Anche oggi mi accorgo come sia difficile per le segreterie trovare docenti di sostegno a sufficienza, ed è giocoforza ricorrere a insegnanti di altre discipline che siano in graduatoria. E che magari non hanno mai messo piede in una scuola né tantomeno hanno lavorato con ragazzi diversamente abili. È curioso il nostro mondo, vero? » . E però Sara è solidale con questi insegnanti: ci vogliono coraggio e pazienza. Come, del resto, ha avuto coraggio e pazienza Sara. Assediata, tra l’altro, da un mare di sigle: non solo il Pei, ma anche il Pdp, Piano didattico personalizzato, i Dsa, Disturbi specifici dell’apprendimento, i Bes, Bisogni educativi speciali. Così come, entrata nel 2007/ 08 nella graduatoria a esaurimento abilitati, con 30 punti in più, perché ha frequentato positivamente le Ssis, si trova, nel 2008/ 09, a dover affrontare un’altra sigla, la For. Com, ovvero la Formazione per la Comunicazione, organizzata da un Consorzio Universitario cui hanno aderito diverse università italiane. « In pratica, ho fatto » , racconta Sara, « un corso di perfezionamento on line di 600 ore. Il Consorzio mandava delle dispense poi c’è stato un esame finale. Mi sono iscritta perché ho capito che dovevo accumulare punti per la graduatoria. Per avere 10 punti ho speso, per il corso, 2.200 euro » . Al prossimo numero.
È difficile trovare docenti con competenze specifiche. Si ricorre così a quelli di altre discipline