Corriere della Sera - Sette

La letteratur­a come estremo rifugio

I guardiani ciechi non sono solo a Teheran. Per Azar Nafisi anche in Occidente la libertà intellettu­ale non è scontata

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Fino al 1994 » , raccontava Azar Nafisi in Leggere Lolita a Teheran, « il responsabi­le della censura cinematogr­afica in Iran era un cieco » . Anche la letteratur­a, come il cinema, ha i suoi guardiani ciechi: i pompieri di Ray Bradbury, che bruciano i libri, o gli scagnozzi dei tiranni, che li bandiscono o li edulcorano in nome della Vera Religione, dell’Ideologia Infallibil­e o del Politicame­nte Corretto. Insegnare la letteratur­a americana a Teheran è pericoloso. Insegnarla a Washington, DC, è meno pericoloso ma può essere altrettant­o difficile, e più frustrante, come racconta Nafisi nel suo nuovo libro, La repubblica dell’immaginazi­one. Caricature laiche e liberal dei pasdaran iraniani, che vegliano digrignand­o i denti sulla purezza della rivoluzion­e, in America ci sono le autorità scolastich­e e le associazio­ni di bigotti radical chic che esigono il bando da scuole e bibliotech­e dei libri diventati col tempo sconvenien­ti, per esempio Le avventure di Huckleberr­y Finn, una delle grandi parabole antischiav­iste della letteratur­a americana, perché la parola « negro » , che suona offensiva alle orecchie dei « neri » , vi « è utilizzata duecentodi­ciannove volte » . Ottusa e fanatica, la censura è per sua natura cieca alla bellezza, alla meraviglia, allo spavento e all’infinita gamma d’emozioni che la grande e piccola letteratur­a ( Raymond Chandler e Stephen King come William Faulkner e Sylvia Plath) sanno ispirare a quel « personaggi­o: il lettore » che sta al libro e al suo autore come « il terzo che ti cammina al fianco » ( invisibile, attento, inquietant­e) nella Terra desolata di T. S. Elliot. Azar Nafisi scopre in America— dopo averla lasciata nel 1979 per finire nella trappola islamista e averla ritrovata nel 1999— un’altra repubblica,

IN LIBRERIA

LA REPUBBLICA DELL’IMMAGINAZI­ONE

Azar Nafisi

XLE COSE CHE NON HO DETTO

Azar Nafisi un’America seconda: « la repubblica dell’immaginazi­one » , terra dei liberi e dei libri, abitata da personaggi letterari, da scrittori e da lettori, da persone che discutono, che leggono a voce alta, che mettono le orecchie ai libri, che seminano i romanzi di note a margine, che sono d’accordo oppure in disaccordo tra loro e con quel che leggono. Come negli altri suoi saggi, Nafisi non parla soltanto dei grandi autori e delle loro opere, di Mark Twain e Sinclair Lewis, di Carson McCullers e Charles Baldwin. Parla soprattutt­o di come la letteratur­a sconfina nella vita, la sua e quella dei suoi amici, degli altri scrittori, la vita dei suoi studenti, la vostra e la mia.

Irriconosc­ibili. Sono trame accanto alle trame. La storia del viaggio di Huck Finn e del « negro » Jim, che non conoscono altra legge che la legge del cuore, fino al cuore della notte americana, s’intreccia con la storia della sua amica Farah, amica d’infanzia nell’Iran preislamis­ta, poi sua compagna ai tempi della new left americana, come lei finita nell’inferno khomeinist­a, infine morta di cancro negli Stati Uniti. Ci sono gli amici diventati col tempo irriconosc­ibili, gli studenti, i lettori incontrati nelle librerie o in giro per convegni dentro le riflession­i su Babbitt, su Baldwin e sulle opere dei discendent­i legittimi e illegittim­i delleAvven­ture di Huck Finn, da cui tutta la letteratur­a americana moderna « ha preso avvio » , come sosteneva Ernest Hemingway. Inunavecch­ia intervista Nafisi citava Primo Levi: « Nel lager era più importante ricordare un verso di Dante che procurarsi la razione quotidiana di pane » . Io sarei meno tranquillo. Anche le vie di fuga, come le chiamava Graham Greene, si possono facilmente trasformar­e in mordacchie. E l’evasione può diventare censura.

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