Corriere della Sera - Sette

Jonathan Monk

Che cosa sta preparando

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Nell’asse Roma/Berlino ha trovato il suo equilibrio. «A Roma ci siamo trasferiti con i nostri figli due anni fa, volevamo offrire loro un cambiament­o importante (anche climatico) ma non troppo drastico, qui possono frequentar­e la scuola tedesca», dice Monk, invitato dal museo Carlo Zauli di Faenza per una residenza d’artista sulla ceramica (le cui opere sono esposte fino al 6/12). «Ma la vita qui è tutt’altro che facile, per fortuna abitiamo in una zona non turistica di Trastevere». Il suo atelier berlinese è a Prenzlauer­berg, ex Germania dell’est, in un edificio dalla tipica architettu­ra socialista. «Mi sono insediato nell’ex ambasciata della Mongolia. Gli altri palazzi attorno sono stati rimaneggia­ti in uno stile nuovo. Fino a poco tempo fa non avevo uno studio, il mio lavoro si svolge altrove, presso laboratori di falegnamer­ia, metallurgi­a. A me lo studio serve più che altro per pensare. Le opere per me non sono mai completame­nte ultimate, a volte le rilavoro, le cambio. E questo corrispond­e al processo vitale… Ho fatto ad esempio diverse opere con delle lampadine, sapendo che si sarebbero bruciate, e impossibil­i da sostituire». L’artista avrà a breve una personale alla galleria Dvir di Tel Aviv e a Ginevra da Blondeau.

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